Comisso legge Comisso. “Sentimento degli ex voti”
L’avatar di Giovanni Comisso legge l’incipit dell’articolo “Sentimento degli ex voti” pubblicato sulla Rivista settimanale delle Diocesi di Chioggia “La Nuova Scintilla” del 22 settembre 1946
Emerge questa città di pescatori tra le acque del mare e quelle della laguna, acque fresche che salgono col crescere della marea, acque calde e grasse che scendono dopo il fermento nei canali che l’attraversano.
Acque fresche e limpide ravvivanti, acque calde ed opache, come un sangue rinnovato e un sangue impuro e su questo ritmo si determinano due vite nei suoi uomini, gli uomini che partono e quelli che rimangono. I primi sono gli audaci, i rischiosi, i sempre giovani all’avventura, gli altri sono i temprati, i prudenti, i senili, i sedentari. Gli uni lottano cogli elementi della natura, gli altri lottano con altri uomini armati di scaltrezza di calcolo. I naviganti hanno poche e primordiali armi nella loro lotta: la fede religiosa e l’istinto bramoso di conquista nel traffico e nella pesca.
Uno di questi vecchi naviganti disse un giorno: non sono le tempeste che mi fanno paura, ma trattare cogli uomini… E si avvicinava verso il suo veliero, oltremisura carico quasi ad impасciare le manovre, un nero e basso uragano. Per la tempesta egli aveva le sue armi pronte: l’invocazione al Cristo di San Domenico, sollevando dall’anima sincera un pronto e puro sentimento di amore e gli ordini esatti, risoluti, coordinati alla forza del corpo modellato fino dall’infanzia nell’ansito istintivo di raccogliere dal mare i suoi frutti. E’ come un serpe questo mare Adriatico, un verde ed azzurro serpente, talvolta placido e dormiente nelle bonacce bianche delle assolate ed immote giornate estive, un serpente appesantito da una laboriosa digestione, ma assorbita la sua forza dal cibo sanguigno si snoda, si inalbera, sibila, si infuria furente si riannoda accavallando le onde come in un turbine di spire. Temporali da terra corrispondono a temporali che vengono dal mare e si incrociano, si fondono creando pesanti coperture del cielo, nere, olivastre – chiazzate di strati grigi – da cui scocca il fulmine e scende lo scroscio tra il riecheggiare del tuono prolungato tra le nubi e le acque come una lunga voce di condanna.
Le teste dei marinai si rizzano inquiete nello sguardo al risveglio delle decisioni supreme, vista la minaccia del cielo, riguardano subito dopo l’Immagine del Crocefisso. La preghiera è formulata senza parola immediata, profonda. Si rimettono alla smisurata bontà del Redentore e la lotta incomincia. Il mare invade la tolda, il veliero vira su se stesso nel turbine, il vento strappa le vele, il timone sussulta invano represso dalle mani strapotenti. Bisogna vincere, bisogna sopravvivere, bisogna fare ritorno alla propria casa. Sovente il tremendo gioco del crollo di ogni forza si conclude nella morte liberatrice, ma sovente si risolve nella riconferma della vita.
E superato il mare rigurgitante, avvicinati al porto, messi i piedi sulla ferma terra, col rivedere la propria casa e i dolci volti in attesa, il pensiero si rivolge al Cristo invocato che ha dischiuso il passaggio tra la furia delle acque e del vento e permane come l’ammonimento di un debito da pagare nell’anima che è onesta, fino a quando decide di ordinare a quello stesso artigiano che ha dipinto a prua il Crocifisso e ai due lati del tagliamare gli angeli volanti, il rappresentare su di una tavoletta la vicenda aspra dell’avventura recente, da offrire in voto per grazia ricevuta al Santuario di San Domenico.
L’artigiano, un senile sedentario, traduce quindi in semplici pennellate l’angoscioso indimenticabile racconto del navigante.
Giovanni Comisso
da “Nuova Scintilla”, settimanale della diocesi di Chioggia, anno II, n. 38, 22 settembre 1946. Numero speciale per le feste Ventennali del SS Crocefisso, p. 1