Era ora che la sterminata collezione di Ferdinando Salce, detto Nando, (Treviso 1878- 1962) trovasse un luogo dove mostrarsi in tutta la sua fragile e insieme frastornante bellezza!
Quasi 25.000 manifesti pubblicitari, raccolti nell’arco di una vita intera, a partire come nelle passioni brucianti, dal coup de foudre che sventò ogni difesa nell’anima sensibile del diciassettenne Nando: all’angolo di una strada dell’allora pigra e provinciale Treviso una splendida, procace e giovane donna lo catturò con un sorriso.
A sedurre il giovane Salce fu il manifesto di Giovanni Maria Mataloni ‘Incandescenza a gas Auer’ del 1895, di cui esistono altre due versioni lievemente modificate nella cromia. L’immagine di una bellezza del tempo, giunonica e drappeggiata di veli assai poco coprenti colpisce al cuore: si dice – e ci piace crederlo – che l’intraprendente Salce riuscisse a convincere, su due piedi, l’attacchino il quale, per una lira, gli vendette l’affisso.
Da allora e per settantanni, quella passione procurò all’Italia e a Treviso in particolare la più ricca collezione di manifesti d’Europa. A dire la verità questo primato è condiviso con il parigino Museé des arts decoratives, ma non è poca cosa la responsabilità e l’ingombro di conservare e esporre un patrimonio di 24.580 pezzi, di misure anche molto grandi e su supporti cartacei fragili per antichità e uso.
Quando Salce muore, nel 1962, lascia in legato al Ministero della Pubblica Istruzione la collezione, reputandola molto meno ricca di quel che di fatto era ( la stima di Salce si aggirava intorno ai 15000 pezzi).
L’ultima volontà del collezionista motivava il lascito così
‘ perchè serva in scuole e accademie preferibilmente locali o del Veneto, a studio e conoscenza di studenti, praticanti e amatori delle arti grafiche’.
Negli spazi accanto alla chiesa di San Gaetano, finalmente riaperta, restaurata e deliziosa, è dunque aperto da pochi giorni il primo nucleo del Museo Nazionale Italiano della Pubblicità. Ma non è stato l’iter che ha condotto in salvo la collezione.
Dopo cinquantacinque anni di riposo forzato, interrotto brevemente da qualche piccola esposizione parziale e temporanea, lo sterminato patrimonio cartaceo trova giusto rilievo distribuito in due ‘case’ diversamente destinate: le sale espositive attigue alla chiesa di San Gaetano (chiesa che un tempo apparteneva all’ordine dei Templari) e il vasto spazio della medievale chiesa di Santa Margherita, ormai in conclusione di restauri, dove verrà conservata, in condizione climatiche ottimali e in cassettiere tecnologiche di totale sicurezza, la collezione Salce; il Ministero dei Beni Culturali ha investito all’incirca sei milioni di euro per il ripristino delle due aree.
Nelle tre sale del Museo Nazionale, in via Carlo Alberto in una porzione di immobile ex conventuale affacciato sulla minima piazza di san Gaetano, gli stupendi affissi che hanno fatto la storia della immagine pubblicitaria saranno esposti per cicli tematici con cadenza di 4 mesi – tempo massimo di esposizione previsto per garantire l’integrità dei fragili materiali cartacei.
Insieme a molti dei 24.580 manifesti della collezione verranno mostrati al pubblico anche alcuni dei materiali pubblicitari quali latte cromolitografate, cartoline illustrate, calendari raccolti da Nando Salce e dalla moglie Regina Gregory .
La direttrice del Museo nazionale Salce, Marta Mazza ha predisposto per il primo anno espositivo un ciclo intitolato “ Illustri persuasioni. Capolavori pubblicitari dalla Collezione Salce” e ‘Belle Epoque’ è la mostra di apertura del nuovo Museo Nazionale di Treviso, dedicata alla epoca d’oro della nuova grafica pubblicitaria tutta pregna di ebbrezza progressista.A seguire, dopo l’estate, l’esposizione di manifesti ‘Tra le due guerre’, e infine affissi e materiale ‘Dal secondo dopoguerra al 1962’.
L’aspetto sorprendente, oltre all’effetto estetico di grande rilievo, è la ricostruzione storica di un’epoca: grandi illustratori al servizio del commercio e dell’industria che muovevano i primi passi sulla strada della onnipotenza consumistica: a cominciare dall’inventore della immagine pubblicitaria, il francese Jules Chéret con le sue graziose pattinatrici, poi il grande Leonetto Cappiello, livornese, creatore di ballerine fascinose e Alfonse Mucha e Dudovich, a cui è titolata una sala del museo, e ancora Alberto Martini di cui ammiriamo la reclame di una premiata fabbrica di biciclette di Roncade, accanto alla versione viennese della pubblicità nelle rigorose, elegantissime geometrie della Secessione.
L’allestimento in supporti lignei a listelli verticali nei due piani espositivi nel Museo Salce vuole evocare l’atmosfera urbana del tempo, per raccontare lo sviluppo del mondo del consumo e la crescita della offerta commerciale, sempre più astutamente attraente, fino alla rivoluzione mediatica del manifesto ‘Chocolat Klaus’, vera svolta comunicativa dove l’immagine non ha più relazione con il prodotto reclamizzato, come si vede nella amazzone dai forti colori di impatto e nella di poco successiva deliziosa reclame della polvere dentifricia Dentol di Aleardo Terzi del 1914, affidata a una scimmietta appesa a un ramo fruttato.
Era quello il tempo delle ubriacature da progresso, l’epoca della felicità garantita e della bellezza muscolosa e prorompente di donne e uomini dalle nudità esibite e consapevoli, bei corpi per buone cose da consumare; l’arte, mutevole ancella dei tempi, si adatta con grazia alle nuove esigenze del mercato. Nasce allora il mondo dell’immagine che invade le strade, l’origine dell’oggi.
Isabella Panfido