di Isabella Panfido.
Per celebrare i cinquantanni dalla morte di Giovanni Comisso, domani, nel giorno esatto delia scomparsa, l’Associazione Amici di Comisso ha promosso una lettura scenica della più significativa delle opere autobiografiche dell’autore trevigiano, “Le mie stagioni”, composte tra il 1946 e 1950, pubblicate dalle Edizioni di Treviso nel 1951 e pochi mesi dopo da Garzanti.
La versione che di sè Comisso ha voluto dare è certamente influenzata dalle Memorie di Casanova, che Comisso aveva curato per la pubblicazione italiana, ma ancor di più, mi sembra, dalle memorie autobiografiche di Lorenzo Da Ponte.
Qualche guasconata e una certa inclinazione alla confessione (a tratti se non mendace almeno amplificata) di genere erotico/amoroso, tuttavia, non celano il sostrato storico delle memorie comissiane che dedicano alla avventura di Fiume gli anni/capitoli 1919-1921.
Basta leggere queste pagine senza pregiudizi per cancellare ogni eventuale sospetto di simpatie destrorse – accusa che insieme al successivo sospetto di filofascismo ha a lungo velato la figura letteraria di Comisso. In lui, ma anche in Berto e in altri veneti del Novecento (vedi Saturnini, malinconici, un po’ deliranti, di N. De Cilia, Ronzani editore) non si tratta di ideologia politica ma semplicemente di apoliticità ciò che (in)determina il pensiero e la scrittura….
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