“Il tempo di vivere con te” di Giuseppe Culicchia
Giuseppe Culicchia, lo scrittore torinese conosciuto in particolare per “Tutti giù per terra”, ci ha tenuto nascosto per quarantaquattro anni che aveva come cugino Walter Alasia (le rispettive madri erano sorelle), il brigatista rosso ucciso dalla polizia il 15 dicembre 1976 nel suo cortile di casa. Ora ha giudicato che fosse giunto il momento di dirlo e raccontare la storia non solo di una parentela, ma anche di una grande amicizia e di due famiglie operaie. Il tempo di vivere con te (il verso di una canzone di Lucio Battisti di quegli anni) è il resoconto di ciò che sono stati gli anni Sessanta e Settanta a Torino, la città della Fiat, e a Sesto San Giovanni, la Stalingrado d’Italia, dove viveva Walter. Culicchia aveva nove anni meno del cugino, che per lui era una sorta di guida e verso il quale nutriva come una sorta di adorazione, al punto da scoppiare in lacrime ogni volta che Walter lasciava Grosso Canavese, dove la famiglia Culicchia aveva casa. Scritto interamente con la seconda persona singolare, rivolgendosi sempre a Walter, come se si trattasse di una lunga lettera che non è mai stato possibile inviargli, il libro è un memoir carico di affetto, privo di qualunque retorica o di giustificazione nei confronti della scelta finale di Walter, il passaggio da Lotta Continua alle Brigate Rosse, scelta di cui il ragazzo fece partecipe soltanto la madre. E, viceversa, non c’è – nel libro – neppure una riga che sia un atto d’accusa verso il cugino, con il quale Giuseppe condivise tra i momenti più belli della sua infanzia, vuoi in giro sul manubrio della bicicletta, o al fiume, nel cortile di casa, sul divano per giocare a carte, disegnare o leggere insieme Alan Ford. C’è invece il senso di un grande dolore, lo strazio per una morte inaspettata e pubblica, il traumatico passaggio all’età della giovinezza.“Saluti a tutti da Walter”, dice una cartolina da Bologna dell’8 settembre 1975 indirizzata alla “Fam. Culicchia”, un anno e tre mesi prima della sua morte. Che cosa ci sei andato a fare?, si chiede Culicchia. L’estate successiva un altro indizio: Walter si è fatto crescere i baffi ed è stranamente taciturno. Poi, all’improvviso, arriva a Grosso accompagnato da una ragazza, che presenta agli zii come la sua fidanzata. Preferisce stare con lei che con Giuseppe. Walter si fa prendere che non è ancora in clandestinità. Niente di più facile: la polizia lo sorprende nella notte, nella sua stanza a Sesto, che divide con il fratello maggiore. Il libro si conclude con l’elenco delle vittime delle Brigate Rosse. Quello dei brigatisti uccisi dalle forze dell’ordine, si dice nell’ultima pagina, su Wikipedia non c’è.
Durante la notte tra il 14 e il 15 dicembre 1976, in via Leopardi a Sesto San Giovanni, in provincia di Milano, tre persone perdono la vita in una sparatoria: il maresciallo dell’antiterrorismo Sergio Bazzega, il vicequestore Vittorio Padovani e Walter Alasia, giovane membro delle Brigate Rosse. Tante le notizie su quanto accaduto, molti i non detti e i commenti sul ragazzo. Ma cos’è accaduto veramente? E chi era Walter Alasia? Ce lo spiega suo cugino, all’epoca dei fatti undicenne, e ora uno scrittore affermato: Giuseppe Culicchia, che dopo «trenta libri, e più di quarant’anni» pubblica per Mondadori “Il tempo di vivere con te”. L’autore fa qualcosa che nessuno ha mai avuto il coraggio di fare: parlare di un brigatista, ma allo stesso tempo di un cugino, per lui un mentore, un fratello. Lo fa senza demonizzarlo né mitizzarlo, ma raccontandolo come lo ha veramente conosciuto e cercando di capire il perché di certe decisioni e le dinamiche che lo hanno condotto fino al triste epilogo confrontando fonti e testimonianze diverse fra loro per stabilire la verità su quanto accaduto. Con la sensibilità e il senso critico che contraddistinguono ogni grande scrittore, Giuseppe Culicchia realizza un ritratto sincero e lucido non solo degli anni Settanta, ma anche di Walter Alasia, «figlio di nessuna variabile impazzita», ma un ragazzo con grandi sogni e speranze per un mondo migliore, pieno di rabbia per le tante ingiustizie a cui ha dovuto assistere come tanti giovani della sua generazione.«Il tempo è un grande bastardo, perché porta via tutto con sé. Tutto tranne l’amore. È per questo che il dolore non passa».