“Il pieno di felicità” di Cecilia Ghidotti
Cecilia, dopo il Dams di Bologna si è recata a lavorare in Inghilterra. Vive con il ragazzo a Coventry, perché non si possono permettere la costosa Londra, e si barcamena tra lavoretti saltuari abbastanza assurdi (contare quanti alunni ci sono in una stanza per ragioni di sicurezza; oppure stampare i nuovi badge per il cambio di logo dell’università) e continue ricerche di lavoro nel campo universitario o in quello in cui si è laureata. Il tutto frammisto a viaggi low cost di ritorno in Italia o in visita ad amici in Europa. Il libro è un misto di aspirazioni, momenti di vita di una trentenne, post laurea, con tanti sogni nel cassetto (tipo scrivere per il teatro) e velleità artistiche che invece si trova a fronteggiare la realtà attuale del lavoro precario, insicuro, poco remunerato e, per giunta, all’estero. – Catturata dal titolo, benché consapevole di non apprezzare i narratori contemporanei, mi sono abbastanza annoiata leggendo questo spaccato autobiografico. Il modo di scrivere è si frizzante, giovane, ma è intriso di testo in inglese e riferimenti a gruppi o eventi musicali ignoti agli over-30 e quindi diventa un testo per un pubblico delimitato secondo me; non apprezzabile dai più. I continui passaggi veloci da un pensiero all’altro (quando racconta dei viaggi in special modo), confondono :ad un certo punto ero convinta fosse in Spagna al Primavera Sound Festival, invece era in Russia.