“Il giorno in cui diventai mia madre” di Patrizia Serra
Patrizia Serra riflette sulla cedevolezza generazionale del bagaglio culturale congenito, sull’arrendevolezza autobiografica di ogni donna nel fatale momento in cui un uomo entra nella propria vita. Rievoca il ritorno sensibile al senso del dovere, il mantenimento dell’obbligo morale, riesce a rivoluzionare il preconcetto dei luoghi comuni, nell’impegno casalingo, con la pratica irriverente e divertente del distacco intelligente. L’opera narrativa trafigge le tonalità introspettive della protagonista che, come sua madre, allenata ad affermare l’emblema maschile all’attenzione principale della propria vita e della propria concezione d’ideali, si ritrova a contrastare il disagio affettivo per rivendicare la propria individualità e professare la sua brillante qualità lavorativa nel mondo del giornalismo. “Il giorno in cui diventai mia madre” è un romanzo che fa bene, comunica una bella lezione, sempre contemporanea, divulga l’incondizionata, immensa capacità di amare delle donne e la loro ragione dominante nella condivisione. Amplia la prospettiva dei rapporti umani, favorisce l’intesa nell’empatia e nella complementarietà, commenta il punto di osservazione con altri occhi, l’identificazione dell’emancipazione e della fiducia in se stesse.
Rita Bompadre