“Dio ci vuole felici. Hetty Hillesum o della giovinezza” di Elisabetta Rasy
Della vita di Etty prima della guerra sappiamo ben poco. Esther, il suo nome all’anagrafe, era nata a Middelburg il 14 gennaio 1914, nel ‘24 la famiglia si trasferisce a Deventer e nel ‘32 Etty lascia la casa paterna per frequentare l’università ad Amsterdam, dove si laureerà in Giurisprudenza per poi iscriversi a Lettere Slave. Se non fosse scoppiata la guerra, sarebbe diventata, probabilmente, una donna libera, indipendente, anticonformista. Ciò che resta di lei sono otto quaderni, scritti durante l’occupazione nazista dal 1941 al settembre del 1943 quando, per sua volontà, salì su un trasporto per Auschwitz, dove morì. Elisabetta Rasy con una narrazione sospesa tra il saggio e il romanzo riflette sulla vita, gli amori, le scelte di Etty con la quale intreccia un dialogo in una sorta di una duplice biografia letteraria. Accanto a Etty, Rasy pone una serie di donne e personaggi femminili come Katherine Mansfield, Virginia Woolf, Marguerite Duras, Simone Weil compagne di strada in gran parte diverse da quelle menzionate da Etty nel suo diario ma che per scelte di vita le somigliano. Ma troviamo anche gli amati scrittori russi e soprattutto Rainer Maria Rilke – il più intimo di questi amici di lettura. Elisabetta Rasy non si limita a raccontare la vita di Etty ma ne fa un ritratto di una giovane ribelle, irrequieta ma responsabile e cosciente delle sue scelte, Etty non è una vittima, lei sceglie di non salvarsi, di condividere la sorte del popolo ebraico e rifiutare l’odio. Rasy non descrive Etty come un’eroina o una martire ma come una donna passionale, una donna del Novecento che si interroga sul senso del mondo, dell’esistenza e di ciò che vuole essere.
Enrichetta Cadorin