“Sul Confine” di Riccardo Rosati
Recensioni
Da accanita lettrice sono sempre incuriosita dagli esordi letterari e devo dire che spesso rimango delusa.
Non qui. Non scorrendo queste pagine.
Non è facile tenere la tensione narrativa di due storie in contemporanea, tenere le fila di due epoche così lontane in parallelo. E trovo qui decisamente tanto arduo quanto fertile, l’accostamento dei due guerrieri che lottano forse soltanto perché, nonostante tutto e tutti, non sanno fare diversamente. Nati così, per combattere, forse indipendentemente dalle loro volontà e solo per un destino che la Storia, e quella terra, vuole accomunati e raccontati insieme nella loro sconfitta.
Mi piacciono molto le pagine dell’assurdo: l’omicidio involontario (?) del commissario; la cerimonia funebre finale trasfigurata nei volti che il tempo sovrappone come cosa inevitabile.
Mi piace la descrizione dell’indolenza spalmata nei paesaggi brumosi della Tuscia.
Qua e là zampate da scrittore consumato. Chapeau.
Manu Roggi
“Il sarcofago di Briobris di Vico, figlio naturale del prefetto pontificio e grande nemico di papa Clemente VI Giovanni di Vico, si trova nella chiesa di San Francesco in Vetralla ed è opera di Paolo Romano.
Riccardo Rosati, antiquario e intellettuale, ci si è trovato di fronte la prima volta per caso. Affascinato dalla bellezza della tomba, incuriosito dallo sfregio di cui il monumento è stato vittima e dall’oblio che circonda il cavaliere sepolto ha continuato ad approfondire quella vicenda e la intreccia con ben più attuali vicende: quella di un ex terrorista malato e deciso a onorare sino all’ultimo la propria biografia, quella di un antiquario piratesco che corre sul confine della legalità e alla fine viene travolto. Sono tutte figure sconfitte ma sull’ex terrorista, come sul guerriero ucciso a Vetralla dai mercenari del cardinale, grava il peso di una rotta più radicale.
Non basta che siano stati vinti, ma anche la memoria, quella della guerra ghibellina contro il papato come quello della rivoluzione inseguita dalla lotta armata rossa oltre sei secoli dopo, deve essere perennemente accompagnata dal vituperio e dall’esecrazione.
A modo suo “Sul confine” è anche un manuale di sopravvivenza per chi è stato tanto battuto da vedere la propria storia cancellata o riscritta a uso dei trionfatori. Per Sciarra quell’àncora di salvezza è la bellezza, intesa nell’accezione più vasta.”
Andrea Colombo
Quando è sapientemente governato con maestria il cortocircuito tra epoche lontane ha il potere di affascinare e di conferire agli eventi narrati significati imprevisti e coinvolgenti. Il romanzo di Riccardo Rosati che tende un filo rosso tra la vicenda tragica di un guerriero medioevale e quella di un militante della lotta armata negli anni ’70 attraverso la figura di un antiquario che il primo studia e il secondo conosce, consegue proprio questo risultato. Storie di vinti che si parlano tra loro e ci parlano del cinismo e della ferocia del potere. Un racconto appassionato che, pur tra contraddizioni e domande senza risposta, sente più che sapere da quale parte si deve stare. L’ambientazione ci conduce poi attraverso la storia e il fascino di una terra meravigliosa: quella Tuscia che l’autore ci invita ad esplorare anche negli aspetti più nascosti.
Graziella Durante
“Due uomini per altrettante storie dipanate tra passato e presente . Il primo protagonista ha avuto la sua educazione sentimentale nei movimenti sociali, politici e culturali del Sessantotto. Intrattiene un rapporto intenso con il mestiere dell’antiquario, che come è noto svolge un lavoro di cura sul passato. L’altro è vissuto secoli prima, inseguendo il sogno di una vita degna con le armi in mano e difendendo l’onore di una terra eletta a dimora. Due uomini così diversi, ma al tempo stesso uniti dall’indisponibilita’ di una vita afona, piegata dalle consuetudini e dall’opacita’ de sentimenti. le loro storie si intrecciano, alternano sempre sul filo di una memoria rivendicata non come Storia, ma come un vissuto intenso che non merita l’oblio.”
Ben Olds
“c’è il senso di in intreccio che smentisce la menzogna di una consequenzialità del tempo e dello spazio. c’è la confessione di una comuione che da convergenza a biografie sparse in epoche diverse. c’è l’elaborazione di uno squisito desiderio di leggerezza per fare della memoria un’arma per creare il futuro e non il peso che impedisce il passo.”
Giovanna Chicca Ferrara
“Quando mi trovai davanti a quel volto delicato e così vilmente sfregiato del bellissimo cavaliere di marmo a Vetralla, ho capito fin nel profondo perché Riccardo Rosati ha voluto dare il soffio della vita proprio a quel viso. A ridargli la sua appartenenza alla Storia, a consegnarlo alla memoria attraverso il racconto delle sue gesta, in parte fedelmente ricostruite da attento medievista e in parte suggerite da un estro narrativo innato e incontenibile.
E la vita del giovane nobile vetrallese Briobris (che nome curioso, sembra quello di un’acqua minerale) figlio naturale e prediletto di Giovanni di Di Vico e di una Orsini, viene raccontata parallelamente a quella di un altro guerriero del nostro tempo, Corisco. Tutti e due nati da amori tormentati e irregolari. Destini segnati da rabbia, voglia di rissa e di riscatto. Permeati di ideali, grandi passioni, voglia di morire e di vivere insieme. Ritroviamo con Corisco la lotta armata e la sconfitta finale. Passato e presente si contrappongono e si sovrappongono anche nell’uso dei tempi verbali e, come in un film, quando l’autore vuole mettere a fuoco un’immagine usa il primo piano, usa il presente.
Fa da contraltare a Corisco l’amico antiquario Valerio, che fa da spettatore perfettamente cosciente del passato e del presente, che assorbe e vive le vite di entrambi raccontandole in terza persona. Valerio che, nel casolare-rifugio che si è creato nella terra che fu degli Etruschi, vive la sua colta e inquieta solitudine tra amori profondi e amori di passaggio, e dove, quando lo assale la paura di vivere, prende il suo cavallo e galoppa nel fango tra le sterpaie della sua maremma.
Questo intenso romanzo, lo si legge come la sceneggiatura di un film che indugia nei particolari, che non spiega tutto e molto lascia all’immaginazione e rimane sospeso. Con quel mistero che sono le vite che si sovrappongono le une alle altre, perfettamente intuito, ma non ancora completamente portato a coscienza da Valerio nell’ultima scena del funerale dell’amico Corisco.
E queste linee tracciate dall’autore e così intensamente percorse, questi molti indizi lasciati sospesi, questo sovrapporsi di sguardi temporali, che chiudono un passato remoto e recente (con la morte dei due guerrieri Briobris e Corisco), fanno pensare a qualcosa che si evolverà e verrà raccontato ancora.”
Roberta Marchetti
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