La mostra “Parole di Luce – Segni Versi Visioni” a cura di Paola Bellin e Luciano Setten, realizzata nell’ambito di [e]Design Festival al Museo di Casa Robegan dal 30 ottobre al 29 novembre 2020, è ancora allestita e tristemente in attesa della riapertura dei Musei.
L’esposizione, che vede le opere degli artisti Laura Ambrosi, Marco Nereo Rotelli, Barbara Uccelli, nasce dal desiderio di promuovere una visione interdisciplinare dell’arte in piena contaminazione con il design, la poesia e la luce. Gli artisti, eterogenei per formazione e produzione artistica condividono a Casa Robegan uno spazio dove memorie antiche e nuove storie si intrecciano e si contaminano (Marina Silvello).
Laura Ambrosi, artista eclettica, inizia il suo percorso a metà degli anni ’90 dopo anni di pittura, disegno e poi incisione. Nel 1998 inizia ad utilizzare il metacrilato e neon seguendo un filo conduttore, quello dell’abito, che diviene un pretesto per raccontarsi. ‘I miei lavori hanno dunque seguito il mio percorso, il cambiamento nel mio modo di essere, focalizzando la mia vita in quei precisi momenti. Ho riscoperto la mia natura, il mio io di donna con una femminilità estrosa, inquieta, sognante e ironica. Attraverso la mia arte esprimo la vita di ogni giorno, piena di cose splendenti e a volte pungenti, un filo luminoso per tessere la mia storia. E’ un trovare e provare emozioni, il realizzare per realizzarsi. La scelta del materiale converge sul metacrilato, elemento a me caro per la sua consistenza contrastante di superficie definita, ma al tempo stesso leggera e attraverso la sua trasparenza riesco a vedere oltre. Consistenze contraddittorie, in bilico tra concretezza dei materiali e straniante levità percettiva, si arricchiscono di ricami e rivelano, in controluce, intensi spaccati di vissuto.’ (Laura Ambrosi)
Marco Nereo Rotelli da anni persegue una ricerca sulla luce e sulla dimensione poetica che Harald Szeemann ha definito come un ampliamento del contesto artistico, una interrelazione tra l’arte e le diverse discipline del sapere. Da qui il coinvolgimento nella sua ricerca di filosofi, musicisti, fotografi, registi, e soprattutto poeti. La poesia, con il tempo, è divenuta un riferimento costante per il suo lavoro. Poeti come Yang Lian e Adonis. In esposizione a Casa Robegan le sue Porte d’oro che assumono il carattere di icona e agiscono in luogo e per conto del proprio proto/tipo. Quale luce? Per come la vedo io è una dimensione ulteriore sempre presente. La cerco nelle grandi installazioni luminose, la trovo condensata nell’oro che è metafora viva di una dimensione. Così ricopro con foglie d’oro vecchie porte usurate dal tempo, creando la metafora di un valore. (Marco Nereo Rotelli).
Barbara Uccelli approda al mondo dell’arte dopo studi personali orientati alla contaminazione tra diverse forme di espressività. Inizia così una ricerca centrata non più sul mezzo espressivo ma sul risultato, i cui principali elementi di analisi sono la materia, il concetto e lo spazio. Tematiche quali il femmineo, la sostenibilità ambientale e sociale, lo studio dei luoghi e il recupero delle tradizioni, diventano strumenti di ispirazione dai quali hanno origine tutti i suoi lavori. L‘indagine documentale, sviluppata attraverso la lettura di libri e l’ascolto di racconti orali, nel suo evolversi genera la creazione di in un’opera d’arte statica (fotografia o scultura) o dinamica (performance, video, installazione) e prosegue continuando ad esplorare nuovi approcci artistici. L’installazione The Snow Hut, in esposizione, ha visto una composizione e costruzione lenta, in un tempo di giorni e ore nel silenzio di casa Robegan rotto solo dal chiacchiericcio dell’artista e dei giovani volontari di [e[Design Festival che hanno contribuito all’allestimento. Per realizzare l’opera l’artista ha lavorato kilometri di filo usando una tecnica di ricamo molto antica, frivolitè (o chiacchierino). E’ una tecnica fatta di tanti piccoli nodi scorsoi che chiusi insieme creano un occhiello a forma tondeggiante e, con l’unione di questi cerchietti, si realizza solitamente un disegno floreale. E’ un ricamo che ha il solo scopo di abbellire e impreziosire la casa o la persona, celebrare la grazia e l’eleganza. Le donne fuori dall’uscio di casa ricamavano tutte insieme, e il rumore del filo nelle spolette creava il suono di un cicaleccio, un chiacchiericcio. The Snow Hut, una capanna, grande, che ci fa sentire alti come bambini. Il calpestio è morbido, confortevole, la vista si perde tra il particolare e l’insieme. Nodi scorsoi, piccole foglioline lungo i fili, che diventano fiocchi di neve, gocce cristallizzate, sospese tra i rami. Entrare nell’installazione è un modo per isolarsi in una capanna, immergersi e viaggiare nel candore del bianco, perdersi a poco a poco. E si ascolta solo il dentro. (Barbara Uccelli).
Segni Versi Visioni
Parola Luce Oggetto. Corpo Sguardo Voce. Accumulazione affabulatoria e sensoriale che fluttua, sospesa nell’apparente afasia, dalla parola/forma all’oggetto/prodotto in un percorso rettilineo e a ritroso. Una sorta di ‘correlativo’ dell’oggetto, manufatto di un sentire individuale o corale che l’artista mostra nel suo farsi artefice di un messaggio.
The only way of expressing emotion in the form of art is by finding an “objective correlative”; in other words, a set of objects, a situation, a chain of events which shall be the formula of that particular emotion; such that when the external facts, which must terminate in sensory experience, are given, the emotion is immediately evoked. (T.S. Eliot, Hamlet and his problems, 1919).
Il poiéin, il fare arte, gioca sull’accordo dialogico tra significante e significato. Ed è questo accordo che costituisce la cifra di originalità, individualità del fare artistico.
Laura Ambrosi, Marco Nereo Rotelli, Barbara Uccelli, insieme in questa esposizione, con il proprio poiéin comunicano, esplicitandola in fasi di lavoro riconoscibili, la necessità di coniugare la parola all’oggetto. Il significato al significante in un’esperienza in cui la vista e il tatto si combinano per dare luogo e spazio ad atti artistici di forte impatto emotivo. Corpo e mente, fisicità e immaginazione si richiamano in un concerto di materiali, il vetro, il legno, il tessuto, il metacrilato, che ritrovano nuova vita, nuova linfa, risemantizzati e ricomposti per dire se stessi e il luogo che li accoglie. Il significato si manifesta attraverso la densità fisica del fare artistico e dell’opera che è presente, finita nella percezione di chi la guarda, la attraversa, la tocca, la annusa, la vive dunque sensorialmente percependola come unità ma che, in realtà, continua ad essere non conclusa, in apertura verso nuovi significati e significanti. Intensità che si impone, che si sforza di fissare il tempo e lo spazio, in un’eternità d’istante.
Laura Ambrosi elegge il metacrilato a significante del suo fare artistico per la consistenza contrastante di superficie definita, ma al tempo stesso leggera. È la trasparenza disorientante della materia concreta che lascia dire alla luce, alla parola incisa, il senso della percezione poliprospettica dell’artista in un dialogo tra i suoi spaccati interiori, le sue urgenze di parola e una visione del reale transitoria e conoscibile a frammenti ed attimi. La luce/neon che riesce a definire gli istanti di penombra, reali o metaforici, e li richiama a farsi voce di significati intimi, di gesti e rituali, indaga il dettaglio e lo anticipa rispetto allo sguardo esterno.
Marco Nereo Rotelli, artista della poesia e della luce, espone le sue porte di legno, che evocano storie di altri luoghi e di altre mani che le hanno aperte e chiuse in un rimando ancestrale ad altri correlativi oggettivi. Porte impreziosite da foglia d’oro in cui la parola è segno, verso, visione. Porte restituite ad un dialogo da cui fuoriuscire, senza segreti e senza custodia, nel fluire doveroso di racconti, narrazioni che si dipanano in segni gestuali evocanti un continuum dialogico tra chi quelle soglie ha attraversato nel tempo e nella storia e chi, ora, in questo spazio che le accoglie, legge il racconto del verso poetico. La porta, portus, da raggiungere, oltre la quale rifugiare la propria ricerca/inchiesta, in tempo e spazio limitati, la porta da cui entrare e da cui uscire, la cui soglia è il limite che definisce il mio essere qui e non altrove. La foglia d’oro è luce che libra il verso inciso, lo eleva a monumentum/monitum, esalta la narrazione di vite oltre quelle porte, vite che restituiscono requie per le sillabe e i suoni.
Quando finirà
(Nicoletta Bidoia, Scena muta, Ronzani ed.2020)
Questo secolo lungo di ghiacci
E novene, l’irrigidirsi dei propositi
Che cristallizzano col fiato?
Ci chiediamo se sia del bianco
L’invenzione dell’eterno
Barbara Uccelli, con la sua installazione The snow hut, il rifiugio, il portus, lo costruisce in un labor tattile fatto di fili che scendono, si intrecciano, si arrotolano, annodano, snodano in trame e ricami. Lentamente, riappropriandosi di un tempo che rivendica l’appartenenza all’io, qui ed ora. Invitano, quei fili suadenti, ad entrare, penetrare, farsi accarezzare per riconoscersi corpo in attesa e indotto al movimento. Auscultare il frivolitè di mani, di occhi attenti che ogni gesto indagano in una danza di immagini e ricordi fissati nel senso del nostro riempire lo spazio/capanna. Non protegge, non difende, non garantisce ma spinge alla ricerca di memorie che luce e penombra disvelano. Forme duttili, estroflesse e abbacinanti, ovattanti, che si rivelano e nascondono in una miriade di possibilità. Il bianco/snow evocato riporta all’origine una natura che lamenta l’assenza del colore, la sua scomparsa. Per riprendere il senso di sé, in silenzio.
È un silenzio che non è morto, ma è ricco di potenzialità. […] Forse la terra risuonava così, nel tempo bianco dell’era glaciale. (W. Kandinsky, Lo spirituale nell’arte, Ed.SE, 1989)
Parole di Luce – Segni Versi Visioni
30 ottobre – 29 novembre 2020 (temporaneamente chiusa)
edesignfestival.it
Casa Robegan – Musei Civici di Treviso
Via Antonio Canova, 38, 31100 Treviso
museicivicitreviso.it