Lodovico Festa, La provvidenza rossa

editore Sellerio

Un viaggio nella vita quotidiana del Pci milanese degli anni ’70: un omicidio due indagini, quella ufficiale e quella segreta interna al partito. Nel mezzo una galleria di ritratti stoici e ridicoli.

Sinossi

Milano, autunno 1977, zona Sempione. Una sventagliata di mitra ha ucciso una giovane fioraia. Accanto al corpo, nel chiosco di via Procaccini, una copia dell’«Unità», perché Bruna Calchi, la vittima, era un’iscritta al Pci, dirigente della sezione e del circolo Arci, dove si occupava di teatro e di diritti gay; bella ragazza, molto conosciuta anche per la sua spigliata esuberanza. L’inchiesta poliziesca parte con tutta la prudenza del caso delicato, affidata a un giovane funzionario, moderno e progressista ma capace di stare al mondo; e subito incorre in un primo mistero: l’arma del crimine, una Maschinenpistole, i famosi Mp 40 in uso alla Wehrmacht, riemersa chissà come dalla Seconda guerra mondiale. Contemporaneamente, «per evitare eventuali provocazioni e trappole», muove la controinchiesta del Pci. Se ne occupa il vecchio Peppe Dondi con il suo vice ingegner Cavenaghi.
Inizia una carrellata fra presidenti del circolo García Lorca, segretari dell’area fiori della Confesercenti, entraîneuse informatrici del Kgb, funzionari della BoxCoop, iscritti che arrotondano con le scommesse clandestine, ex partigiani, sindacalisti, dandy da ippodromo che sognano di essere inviati a fomentare rivolte, dirigenti ossessionati dal tesseramento, assessori di periferia dedicati alle destinazioni d’uso, leader degli omosessuali di sinistra, pensionati della Falk, giornalisti dell’Unità. Ognuno contribuirà a ridefinire il profilo «della Calchi» e soprattutto l’estesa e complicata vita di un partito di straordinaria efficienza e con un meraviglioso carico di ridicolo. L’autore, che in quegli anni fu egli stesso un dirigente comunista, non risparmia nulla: il gergo, le diffidenze, le doppiezze classiche, l’ambiguità eterna, la struttura e la sovrastruttura, i direttivi pesati col bilancino di modo che vi fossero rappresentati intellettuali e professionisti e operai, e poi le terrificanti riunioni serali, fumose per le sigarette e per la vaghezza degli interventi.
Proiettando il lettore in quel quotidiano mescolarsi di idealismo, realismo, spregiudicatezza e capacità, ci viene consegnato un pezzo importante di memoria, come sarebbe difficile riportare in un saggio storico: la memoria di cosa fu un grande partito, di come funzionava la mente di dirigenti e militanti, di come si muoveva l’invisibile macchina del potere e del contropotere in una grande metropoli.

Libro del giorno a «Fahreneit» di Radio3.

 

L’autore

Lodovico Festa (Venezia, 1947), giornalista e scrittore, è stato fino allo scioglimento un dirigente del Pci nel milanese. Tra i fondatori de «il Foglio», ha pubblicato tra l’altro: Il partito della decadenza (2007), Ascesa e declino della Seconda Repubblica (2012).

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