La vita di Pechino - Impressioni di viaggio in Oriente di Giovanni Comisso

La vita di Pechino – Impressioni di viaggio in Oriente di Giovanni Comisso

Appena il primo fremito dell’alba passa nel cielo, il popolino pechinese si desta e balza dal suo duro letto, smanioso di testimoniare la vita col lavoro. Tutti s’arrabattano pur di guadagnare qualcosa. Gli oziosi sono i mendicanti o mendicanti sono solo gli infermi. I coolies, calzate le loro scarpe di stoffa, prendono la carrozzella e vanno ad appostarsi davanti agli alberghi o ai crocicchi delle strade; i venditori ambulanti partono con le ceste a bilanciere, armati del loro richiamo che battono di tanto in tanto i garzoni di negozio sgambettano desiderosi di trovarsi al banco come ai primi posti d’un teatro.

Le padrone di casa, grassocce, in pantaloni e giubbone azzurri, le chiome ravviate liscie e lucenti con un flore o un gingillo di giada sul groppo, bambino in braccio e sigaretta alla bocca, aspettano sulla soglia il passaggio dei venditori ambulanti: ché non hanno voglia di andare al mercato. Arriva dal fondo il venditore d’acqua con la carriola a una ruota, così carica da fargli ogni tanto inchiodare il passo per riottenere l’equilibrio. Non ha bisogno di richiamo, che già non avrebbe flato: è il cigolio della ruota che segnala il suo arrivo.

Beijing (foto di Bryan Ledgard)

Richiami canori

Un tintinnio di ferro battuto da un martelletto segnala il venditore di carne di maiale, già nel vicolo vicino; e un suono sordo di grossa canna di bambù percossa annuncia l’erbaiolo. Risparmiano la voce, ma il ragazzo venditore di panini seduto all’ombra d’un albero, messa una mano a conchiglia vicino alla bocca, intona vibrante quasi un grido di gioia per segnalarsi. Le donne scelgono attente. Il sole già fa sentire la sua prima forza e quelli che si sono svegliati prima del suo sorgere, eccoli fermare il carretto sovraccarico alla prima ombra e abbandonarsi per terra alla sonnolenza che rinasce. Donne spettinate e cenciose, con grandi ceste, raccoglitrici di carte e di stracci, hanno pur esse un richiamo canoro. Altre padrone di casa con un lungo bocchino d’argento fumano adagio in attesa oziosa, finché non dia loro un palpito di piacere nel breve sguardo il suono d’un flauto che lentamente s’avvicina: è il mendicante cieco della contrada che suona antiche canzoni.

Bead Street, Peking, 1930

Ma dal fondo della strada che rasenta la città imperiale una musica cupa avanza richiamando sulle soglie uomini e bambini. Precedono da un lato e dall’altro della strada alcuni ragazzi con gabbani verdi che reggono bandiere, aste fiorite o sormontate da lanterne o da ornamenti di carta. È un grande funerale. Vi saranno circa mille uomini di scorta. Sono tutti o vecchi o ragazzi, luridi, straccioni, coperti alla meglio da gabbani verdi: oppressi i vecchi sotto al peso delle lunghe aste; i ragazzi barcollano, ma sono pronti a sorridere vispi negli occhi. Uno segue l’altro a una ventina di metri. Il corteo è modellato sulla solennità degli antichi accompagnamenti imperiali. Seguono i portatori delle cose che appartenevano all’uso del morto. Cose un tempo suggellate autentiche nella tomba con lui: i suoi cavalli, le sue carrette, le sue spade, i suoi vasi preziosi, le sue concubine e i suoi servi. Poi trovarono preferibile sostituire ogni cosa con simulacri di terracotta; e ora, ancor meglio, con riproduzioni di carta che saranno bruciate attorno al sepolcro. Ecco alcuni ragazzi che portano grandi fantocci di carta: sono le concubine; altri portano i servi e questi servi tengono tra le mani vassoi con pietanze, sigarette e anfore di carta. Poi una schiera sospinge un’automobile di cartone con ruote guarnite di vecchi pneumatici. Anche questa verrà bruciata per trapassare col morto e servirgli nel grande viaggio.

Beijing – Forbidden City – Street Market 1926

Funerali e sposalizi

Avanza una prima orchestra di strumenti a fiato che dànno suoni cupi a cui s’accordano i tamburi. Poi altra gente che porta catafalchi con fiori o con grandi vasi di carta. Entro a un baldacchino la fotografia del morto.

È un ex-mandarino manciù: ultime sopravvivenze a un tempo oramai lontano. Un’altra orchestra, di trombe, trombette o flauti. Seguono i parenti: i figli, i nipoti; sono tutti vestiti di bianco, di rozza tela; in capo portano un berretto pure bianco. Alcuni si fanno reggere perché devono dimostrare che il dolore paralizza loro le gambe. Attorno vengono lanciati sulla folla blocchi di foglietti che svolazzano al vento: i ragazzi si precipitano a raccoglierli; non sono che semplici pezzi di carta: simbolizzano il denaro. Avanza la bara chiusa entro a un enorme catafalco coperto di drappi rossi; sessanta uomini sudanti la reggono. Il peso è ingegnosamente distribuito in parti uguali a mezzo di spranghe successive.

Seguono carrozze e automobili con corone di fiori secondo il nostro sistema. Il corteo passa sotto agli antichi archi. Tutto l’onore della famiglia dipende da quanto viene speso per il funerale dei propri congiunti. Ve ne sono di quelle che s’indebitano fin sopra ai capelli, che vendono le proprie figlie pur di fare un solenne funerale al loro padre. La pietà filiale, perno o sostegno della compagine familiare cinese, ha bisogno d’essere dimostrata a qualunque costo, a mezzo di queste esteriorità a volte fatali per una famiglia. La spesa poi non consiste solo nel corteo, ma per un mese si terranno in permanenza sontuose mense imbandite per tutti i visitatori: parenti e amici.

Peking – inside view of gateway leading toward the Emperor’s Palace (William Henry Jackson – Library of Congress)

I funerali s’alternano agli sposalizi per queste strade cineree. Il corteo nuziale è più breve: una fanfara coi suonatori che nascondono lo sporco e il lacero sotto alle stesse gabbane verdi e una portantina accuratamente chiusa. Vanno così a prendere la sposa nella sua casa, dove sta digiunando da tre giorni, e la portano alla casa dello sposo che l’attende. Questi conoscerà il volto della sua sposa solo allora. Del loro matrimonio si sono occupate destramente le intermediarie; contenti i genitori dell’una e dell’altra parte, perché propriamente si tratta d’una compra-vendita, devono essere contenti anche i principali interessati, che in questo caso però figurano effettivamente come i secondari.

Le nozze vanno naturalmente corredate di banchetti fastosi, dove le portate non saranno mai inferiori alla trentina. Pinne di pescecane, nidi di rondine, uova quindicenni: i piatti più preziosi e prelibati. Musiche e spettacoli teatrali in casa; grande fasto sul ritmo del passato, tuttavia profondamente legato al sangue, che solo lentamente si snatura verso riti più frettolosi e più semplici sulla linea della nostra civiltà. La donna dovrà essere fedele al marito a rischio dell’infamia e, in certi villaggi dell’interno, della pena di morte previa tortura unitamente al drudo, mentre il marito avrà tutto il più sacro diritto di portarsi in casa concubine.

In the grounds of the palace in the western park

I giardini imperiali

Ai pubblici giardini, nella città Imperiale, lungo le sponde del placido lago fitto di grandi foglie di loto, le belle di Pechino vanno a passeggiare in cerca di fortunati incontri. Nonostante tutte le catastrofi che da anni si sommano su questo paese, i giardini hanno ancora un’armoniosa bellezza. Al tempo dell’Impero erano stupendi: così mi confermava una principessa allora dama di Corte; ma ancor oggi sono ben tenuti e dolcemente ospitali. Alberi dai grossi tronchi corrosi abbandonano dolcemente le fronde verso le acque. Passeggiate coperte a zig-zag. composizioni bizzarre di rocce a grotte, a labirinti, grandi serre, ponti e ponticelli, vasche con pesci rossi o neri o bianchi e rosa, dagli occhi sporgenti e dalle lunghe pinne fluenti che in molti accenni fanno pensare ai cagnolini pechinesi, delizia delle graziose donnine.

Tra l’ombra e il sole, a momenti quasi confusa nella vividezza dei colori delle cappe di seta con le vaste macchie fiorite, le donnine appaiono e dispaiono con passo dolcissimo, mute e quasi severe con la testa sostenuta ambiziosamente su dal colletto ornato di velluto. I ventagli si agitano come ali di fantasiose farfalle. Esse scendono dalla carrozzella col contegno di piccole dame, — il piede calzato di seta ricamata non teme la polvere, — ed entrano a passeggiare sui ponti marmorei, lungo le acque dove il loto roseo trema a subitanei soffi di vento. Gli uomini passano con fare trasognato, sembrano disattenti: la timidezza lotta con le passioni che non mancano d’essere profonde. Ma parola d’ordine dell’asiatico è di rivelare al minimo i suoi sentimenti. Far mostra del proprio soffrire o della propria gioia è segno di debolezza ed egli ne va vergognoso. Nel momento del più forte dolore il Cinese saprà sorridere. La giovinetta desiderata verrà scelta come concubina tra la folla delle passeggiatrici, senza che ella se ne accorga: ci sarà poi il provvido intermediario che s’incaricherà dell’avvicinamento e dell’accordo.

L’uomo è a capo della casa come a capo d’un piccolo impero. Egli tiene lo stato civile della sua famiglia ed è nello stesso tempo sacerdote del culto degli avi.

La vita di Pechino si rivela lentamente nella sua armonia, così come la grazia delle abitazioni principesche. In queste, appena s’entra, si ha l’impressione di dozzinale sistemazione degli ambienti. Dopo il portale di rossa lacca, s’apre subito un cortile con le adiacenze per i servi e grandi alberi ai lati; il primo padiglione è quello dove si custodiscono le tavolette degli avi: il tempio familiare. Segue un secondo padiglione in un secondo cortile e in fine il terzo: abitazione principale dei padroni, luogo di ricevimento e di banchetto, con stanze da letto laterali. Nei cortili crescono oleandri e altri fiori; le rondini volano stridule. Il rosso delle colonne e delle pareti si rompe nell’azzurro degli architravi. Lentamente si arriva ad apprezzare la mancanza di scale da salire, la solennità creata da questi tre ordini di cortili attraverso a cui bisogna passare prima d’arrivare al cospetto del padrone, il silenzio dato dalla lontananza della strada e il piacevole ristoro di vedere le tenere fronde dei salici sorpassare i bassi tetti dei padiglioni antistanti. Tutta Pechino ha questo ordine e questa armonia, come una casa smisurata. E tale forma trova la sua rispondenza nella sensibilità di questa razza saggiamente misuratrice delle più delicate intermittenze dello spirito.
Giovanni Comisso

da il Corriere della Sera del 13/08/1930

Immagine in evidenza: Foto di Magda Ehlers from Pexels
Altre immagini: fonte Wikimedia Commons

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