Imprenditori che coltivano passioni che non sono necessariamente legate alla loro attività e le trasformano in tempo, risorse ed energia da dedicare alla cultura, all’arte e alla loro diffusione.
È il caso di Pino Perri, titolale della trevigiana Printmateria – azienda specializzata nella stampa digitale su grande formato, nella stampa 3D e nella costruzione di strutture e vetrine pubblicitarie – che da qualche anno ha deciso di mettere a disposizione del cinema e della musica parte del proprio potenziale umano ed economico.
Come è nata la collaborazione con il mondo del cinema?
Da un interesse personale, senza dubbio. Inizialmente sono stato coinvolto da Francesco Bonsembiante di Jolefilm, poi sono andato a cercare le opportunità. È successo nel 2011, quando assieme ad altri amici imprenditori, primi nel Veneto come privati, abbiamo deciso di usufruire della legge del Tax Credit, che prevedeva che il 40% della somma investita nel cinema potesse essere detratto direttamente dalle imposte.
Si trattava della produzione di “Io sono Li”, film di Andrea Segre. È stata una bella esperienza, che mi ha gratificato enormemente, alla quale si è aggiunta la soddisfazione del Premio David di Donatello assegnato a Zhao Tao come miglior attrice protagonista.
“Io sono Li” non è stata l’unica co-partecipazione alla produzione di film
Esatto: ci sono stati anche “La pelle dell’orso” e “La prima neve”. Inoltre sono stato vicino come sponsor anche nell’ultimo film di Andrea Segre “L’ordine delle cose”.
Tutto ciò mi ha permesso di accorgermi di quanto il Veneto sia pieno di competenze a vari livelli nel mondo del cinema. Queste esperienze mi hanno fatto scoprire il Veneto come una realtà portatrice di grande sensibilità sia verso il mondo del fare sia verso ciò che non si vede: la cultura.
Ed è così che rispetto a questo “fare”, oltre all’azione che mira a una speculazione – nella sua accezione corretta ovviamente – mi sono sentito in dovere di curare altri aspetti della vita imprenditoriale. Mi riferisco all’aspetto creativo.
Cosa intende per creatività nell’imprenditoria?
Significa imparare a riconoscere e interpretare le dinamiche interpersonali per metterle al servizio di un prodotto che non deve necessariamente riferirsi alle proprie competenze produttive. È un’esigenza che credo vada di pari passo con l’età – almeno nel mio caso – e che va alimentata.
Attraverso i libri, ad esempio, di cui sono un vero divoratore. La parola scritta mi permette di capire lo stato emozionale e questo esercizio lo replico nella vita di tutti i giorni, quando mi relaziono con diversi interlocutori o anche solo con me stesso. La lettura mi permette di dare un nome alle emozioni. Mi permette di allargare il mio orizzonte di persona e di imprenditore.
Un orizzonte sul quale si affacciano anche altre forme d’arte
Cinema e libri non sono gli unici “prodotti culturali” ai quali sono vicino. Amo anche la musica e seguo volentieri Antiruggine, una realtà nata attorno a Mario Brunello – uno dei migliori violoncellisti al mondo e interprete di Bach – che riunisce amanti della musica, della letteratura, dell’arte.
Tutto quello che sto facendo, però, è nato dall’esperienza cinematografica, che mi ha dato l’opportunità di dare seguito a quello che avevo in animo e che non sapevo come incanalare.
Il cinema mi ha fatto conoscere un’altra persona straordinaria oltre a Bonsembiante, Marco Segato, direttore artistico di Detrour Festival del cinema di viaggio. Un uomo di grande cultura e passione per il cinema.
A proposito di settima arte, lei sostiene anche il Master in sceneggiatura Carlo Mazzacurati
Sì, è un progetto, ora seguito dalla vedova Marina Zangirolami, che forma esperti e consulenti nel campo delle scritture per il cinema e la televisione. Il corso è tenuto da professionisti esterni all’ateneo di Padova e ogni anno ha bisogno di sostenitori.
Ho avuto modo di conoscere la scuola da vicino e mi sono reso conto di quanto sia difficile questo tipo di scrittura. È una formazione che dura un anno e mette e in campo tante energie per inventare storie, senza le quali non si può vivere.
La scrittura cinematografica è un percorso inverso rispetto a quello tradizionale che parte dall’emozione, passa attraverso le situazione psicologica, l’ambiente e si traduce in parola. Nella sceneggiatura devi cancellare un po’ di pagine bianche che hai scritto con l’inchiostro nero del tuo vissuto.
Lei è anche un imprenditore che si è cimentato nel ruolo di attore
Con la compagnia teatrale Anagoor, una realtà che nel volgere di pochi anni ha saputo guadagnarsi un ruolo centrale nel panorama teatrale italiano ed europeo.Infatti è appena arrivato un importante riconoscimento: il Leone d’argento al 46. Festival internazionale del teatro della Biennale di Venezia.
Per il collettivo ho interpretato due personaggi, tra cui Goethe, nel Faust di Charles Gounod che ha debuttato lo scorso dicembre a Modena al Teatro comunale Luciano Pavarotti.È stato il coronamento di un sogno.
Ha accennato all’importanza di ciò che non si vede, vuole spiegare meglio cosa intende?
In questi anni ho capito che quel che non si “vede”, la cultura, è anche funzionale a tenere in piedi ciò che si vede, ossia la mia attività come imprenditore. È funzionale dedicarsi alla cultura anche dal punto di vista etico. Non mi interessa lavorare per il mero guadagno e soprattutto sento di avere un debito nei confronti di questa regione che mi ha accolto.
Sono nato a Cologno Monzese, ma sono di origini calabresi. Sia chiaro, non sono un missionario, mi dedico a questo aspetto artistico nella misura in cui posso e in cui ciò sostiene la mia passione e il mio desiderio di comprendere il mondo in una dimensione più ampia possibile. Fare cultura per un imprenditore è anche coltivare l’onestà. È essere di esempio per colleghi che magari non lo sono. In fondo non ho fatto altro che fare mio il detto di mio suocero secondo il quale “la vera furbizia è l’onestà”.