Nel 1903, quando pubblicò “The Birthplace”, Henry James aveva già capito tutto sulle fake news. Il Pragmatismo, come disse lui e come fu ripreso da Richard Rorty, è un “credere nel senso della credenza“, un dar fiducia a ciò che si vuol ritenere vero. Il vero non è più il rispecchiamento della realtà, ma quello che si chiama oggi storytelling, una narrazione da prendere sul serio. Ci sono i terrapiattisti, i no-vax e per tutti loro James ebbe una parola nel 1903 solo che la traduzione italiana della sua nouvelle, a metà fra il racconto e il romanzo, esce oggi nella versione e cura del più emerito tra i nostri anglisti, Sergio Perosa (Henry James, “La casa natale”, Edizioni Spartaco, pp.15, euro 14).
La vicenda inventata è lo specchio di quanto accade di fatto ogni giorno. Il mito del Bardo esige che ci sia una narrazione che parta dalla sua casa. E James si inventa un custode tuttofare della casa natale, tale Morris Gedge, pronto a soddisfare i desiderata dei visitatori. Volete sapere dove sua madre bolliva la pentola? Dove dormiva? Dove appendeva il cappello? Bene, c’è una risposta per tutto nel vaudeville. Per sbarcare il lunario, Gedge e sua moglie mettono in scena il Shakespeare desiderato dai visitatori. “È in questo vecchio angolo del caminetto, il singolare cantuccio dei nostri antenati – proprio qui nell’angoletto lontano che era posizionato il suo sgabello, dove magari, se potessimo vedere abbastanza da vicino, troveremmo la pietra del focolare strisciata dai Suoi piedini“. Gedge diventa erede del Bardo (non ci sono oggi, in tv, molti falsi eredi di Tizio e Caio?), esegeta di uno scrittore a malapena letto (non è così anche oggi?): “Nella casa – scrive Perosa – il Bardo non c’è, è assente, manca proprio lui, quasi tutto è fittizio e menzognero, uno spettacolo da fiera o baraccone, un’insopportabile messinscena di cui va svelato e denunciato il trucco o il gioco“.
Quello che James descrive è ciò che il Romanticismo prescrive: la preminenza dell’artista sull’opera, diventata oggi sfruttamento commerciale della sua figura. Nello scritto di James “le opere del Bardo scompaiono di fronte alla idolatria della sua figura per commerci redditizi“. Quello che James prefigura è il transitare dell’arte nel mondo dei media controllati dalla finanza che ingigantiscono il fenomeno affinché, un pubblico estasiato, renda virale l’impostura (quello che accade oggi sui social network). L’artista mito ha bisogno di un luogo fisico, di oggetti da venerare e James glieli confeziona. La casa di Raffaello ad Urbino non è qualcosa di molto diverso dalla casa inventata da James: a Urbino è tutto ottocentesco e tutto è mito Raffaello. E il mito Shakespeare impone che il verbo del bardo abbia un santuario, un Ur luogo.
Queste costruzioni letterarie intorno a miti locali o nazionali hanno avuto anche aspetti positivi, perché all’origine del senso di appartenenza delle comunità. L’Europa è un territorio della memoria, vero e costruito, mentre il resto del mondo pone l’alternativa tra essere senza passato o costruirne uno finto. James, che era statunitense, aveva intuito con anticipo dove sarebbe andata a parare la “schietta” cultura americana. Questo racconto, ispirato a un episodio vero, ovvero a una coppia di custodi che lasciò la casa di Shakespeare a causa delle menzogne che i visitatori imponevano di raccontare (Joseph Skipsey, poeta dilettante, e sua moglie furono custodi di Stratford-upon-Avon dal 1899 al 1901) è preveggente rispetto a ciò che sono diventate oggi mostre immersive e alcuni musei.
Henry James – La casa natale
Cura e traduzione di Sergio Perosa.
Collana Elitropia diretta da Alessio Bottone
Edizioni Spartaco, pp.15, euro 14
Sergio Perosa è tra i massimi esperti dell’opera di Henry James, di cui ha curato fra l’altro l’edizione dei Meridiani Mondadori dei Romanzi brevi (1985, 1990), e di quella di Shakespeare, di cui ha condiretto l’opera omnia per Garzanti (1993-2000). Professore emerito all’Università Ca’ Foscari di Venezia e collaboratore del “Corriere della Sera” dal 1969. Tra i suoi ultimi lavori: Studies in Henry James (2013, 2015), Il Veneto di Shakespeare (2018), Veneto, Stati Uniti e le rotte del mondo. Una memoria (2016, ediz. inglese 2020).
Immagine in evidenza: Shakespeare’s Birthplace in Stratford-upon-Avon, Warwickshire, as viewed from the pedestrian Henley Street (foto di Diliff, Wikimedia Commons)