Esiste una rivista di cultura che si chiama Ulisse, ma dovrebbe chiamarsi Penelope per la ingannevole tela che vi tesse nell’ultimo fascicolo dedicato alle sorti del romanzo.
La direttrice, Maria Luisa Astaldi, gentilissimamente ha ordito l’inganno di invitarmi a collaborare, ma se avessi saputo tra quale schiera avrei dovuto mettermi in questa specie di ventre del cavallo di Ulisse, mi sarei astenuto. Vi fa eccezione Luigi Bartolini, che credo ricevendo il fascicolo si sarà trovato egli pure di molto amareggiato. Invece di cercare di chiarire la situazione del romanzo in Italia si è riusciti a confonderla ancora di più.
Il fascicolo si apre con un dialogo di Aldo Camerino, il quale nel discorso usa parole come queste: «meramente, opinabile, ineccepibile e chicchessia», senza riescire a far capire il suo pensiero.
Segue Goffredo Bellonci il quale nel fare la storia del romanzo italiano negli ultimi cinquant’anni, ci informa che dopo D’Annunzio vi furono almeno settanta romanzieri e ancora si scusa di non avere trattato di altri dodici come: Vandano, D’Alessandria, De Stefani, Di Falco, Valli, Saito, Seminara ecc. Bisogna notare che tra i settanta non nomina Gino Rocca, Brocchi, Guido da Verona, Mario Mariani e altri che possono benissimo stare alla pari con parecchi dei nominati. La confusione è tale tra nominati e non nominati che il proto ha pensato per conto suo di nominare, con un errore di stampa, sinché Mazzini al posto di Manzoni. Bellonci non porta alcuna idea chiarificatrice, egli è più che altro preoccupato, ritenendo di fare un saggio documentario, di non tralasciare i nomi dei presunti romanzieri, specie viventi e abitanti a Roma, per non sentirsi insolentire per l’omissione con ripetute chiamate telefoniche.
Un critico del tutto oscuro che si chiama Rino Dal Sasso tra i romanzieri mette anche De Sica con la sua «tenerezza». È inutile proseguire nell’indagine, si ha la stessa sensazione di camminare su di un terreno prima sassoso, poi sabbioso e infine spaventosamente formato di acquitrini capaci di sommergerci fino ai capelli. Mi dispiace per Maria Luisa Astaldi, in un terreno così confuso ha fatto anche troppo, ma la discussione sul romanzo doveva essere impostata diversamente, con la collaborazione di critici più autorevoli, e dei maggiori scrittori che oggi sono ritenuti romanzieri.
Prima di tutto ci si doveva limitare solo al romanzo italiano, dato anche che da D’Annunzio in poi abbiamo avuto una fioritura tanto lusinghiera e abbondante, e non passare a trattare del romanzo francese e inglese come hanno fatto alcuni collaboratori di Ulisse. Il problema del romanzo in Italia poteva risolversi in una sola domanda: «Gli scrittori italiani sono capaci di scrivere romanzi, secondo il concetto di romanzo che ci fu dato dagli scrittori europei e americani?». Insomma, il romanzo è un genere letterario italiano?
Io sono convintissimo che non lo sia, anche se da Manzoni in poi, cioè fino agli ultimi astri: Pomilio e Pirro, segnalati dal collaboratore G.B. Vicari, sono stati scritti o pubblicati romanzi a montagne. Il romanzo presuppone un problema morale e noi italiani non abbiamo alcun problema morale, per la morale anche la più dilaniante noi siamo pronti a qualsiasi accomodamento riparatore. Il solo problema che ci domina insanabile è quello economico. Si veda la recente rivolta di Sulmona, dove, per non perdere il contributo, economico dato alla città dalla presenza di un miserabile distretto si fecero le barricate.
Poi, scrivere romanzi senza sapere scrivere in italiano può essere sufficiente per dire che abbiano i romanzieri. Se è così, allora tutti gli avvocati italiani, con le loro comparse conclusionali sulle grandi liti patrocinate, sono altri romanzieri che Goffredo Bellonci deve annoverare. La condizione prima è di sapere narrare e la mancanza attuale di critici rigidissimi, favorendo il sorgere di consorterie: degli scrittori giovani contro i vecchi, di quelli abitanti a Roma contro quelli di provincia, degli scrittori meridionali contro i settentrionali o di quelli di sinistra contro i borghesi, ha finito col rendere non solo tollerabile chi non sa narrare, ma pubblicabile.
Quel grande e vero artista del narrare che è Luigi Bartolini, in questo fascicolo di Ulisse, dice: «Da noi non esiste il romanzo, perché attualmente non esistono romanzieri, esistono fornaciai che sfornano mattoni cotti. Da tali mattoni cotti si servono, per sprecare denari, alcuni editori fessi ed eleganti». Ed è il solo pensiero a fuoco di tutto il fascicolo.
Giovanni Comisso
da Il Giorno del 13/03/1957
Immagine in evidenza: Alessandro Manzoni a 50 anni – dettaglio (foto di Giuseppe Molteni – Accademia di Brera, Milano – fonte: Wikimedia Commons)