Premio letterario Giovanni Comisso
"Idillio tra cugini" di Giovanni Comisso

Idillio tra cugini

L’appartamento del dottore era ristretto: due stanze per le visite, la cucina e la stanza da letto. Vi era inoltre il corridoio che sua moglie voleva apparisse sempre lucido, e neanche qui il piccolo Toni poteva portare i suoi autocarri. Doveva accontentarsi della cucina o, meglio, dello spazio sotto la tavola per non intralciare sua madre mentre faceva da mangiare. Fuori, nella piazza sottostante, non lo lasciavano andare, perché, sebbene avesse già compiuti i sette anni, vi era sempre grande assembramento di gente e un continuo passare di automobili e biciclette.

Quella reclusione era opprimente per il suo piccolo corpo modellato di muscoli minori, che volevano essere messi alla prova in corse assalti, in salti e capriole.

Un giorno che sua madre non si sentiva bene, stanca di ammonirlo inutilmente di stare fermo e di non andare nel corridoio, ella propose a suo marito di far venire dal suo paese di montagna una nipotina assai appassionata per la casa, la piccola Paola. Suo marito disse che andava bene e che si poteva provare.

Toni, che aveva sentito questo discorso mentre cenavano, tenne sospeso il cucchiaio di minestra e, guardandoli avidamente, capì subito che Paola sarebbe stata la sua liberazione e insieme anche un nuovo giocattolo. Volle sapere quanti anni aveva: “E’ una bambina come te” gli disse suo padre. “Ed è bella?” chiese ancora, tenendo sempre il cucchiaio sospeso. Tanto la madre che il padre si misero a ridere e sua madre gli rispose severamente: “Oh, questo non ti devi importare, è una tua cuginetta.” Egli arrossì e non volle più mangiare per andare sotto alla tavola a far correre gli autocarri.

Per farlo ritornare dovettero dirgli che era bella, sarebbe stata paziente con lui, lo avrebbe portato a giuocare ai giardini e sarebbe stata sempre in sua compagnia.

Dopo poco disse di scatto: “E dove dormirà?” Questa volta arrossirono i genitori e furono imbarazzati a rispondergli, non avendo pensato a dove metterla. Fu la madre a decidere: “Dormirà in cucina, le metteremo ………….”. Toni dormiva ancora nella loro stanza in un lettino accanto al loro letto matrimoniale.

Alcuni giorni dopo Paola arrivò dal paese di montagna con la sua valigetta. Sua zia diede in grida di gioia quando la vide e Toni, che stava sotto la tavola, si fece più avanti e vide il suo volto tremulo e timido con grandi occhi neri, nuovo per lui. Sua madre volle che venisse a dare un bacio alla cuginetta, ma egli corse a nascondersi nella spazzacucina, di dove fu tratto con forza per darle almeno la mano.

Le due mani esili e fredde si strinsero, ma quella di Toni sfuggì alla stretta per rintanarsi ancora sotto alla tavola. La grande sorpresa di Paola discesa dal paese di montagna fu la piazza sottostante, ogni mattina vi era anche una grande sagra: dovunque si ………., si richiamava, si gridava, si rideva, si scherzava. Sua zia la faceva di continuo scendere con Toni per comperare qualcosa.

Vue du marché de Porta Palazzo à Turin en Italie (Wikimedia Commons)

Il ragazzo del pescivendolo, con le braccia annerite dalle seppie, vedendola passare la richiamava, perché andasse da lui a comperare, con le parole più gentili. “Vieni montanara bella, ti dò tutto per niente” era oramai abituale in lui come un saluto ed ella lo guardava stupita. Quando ….… doveva andare alla sua bottega intanto che la serviva le diceva sottovoce: “Sai ballare?” oppure “Vieni al cinematografo questa sera?” E lo sguardo si faceva insinuante, dando a Paola con turbamento un grande piacere.

Toni non capiva perché quel ragazzo trattava Paola più che se fosse sua cugina e ne provava dispetto fino a tirarla per la mano perché andasse subito via. Quando andarono la prima volta ai giardini Toni le sfuggì per il viale dicendo di giuocare a nascondersi. Ella allora si coperse gli occhi con le mani attendendo che le gridasse di ricercarlo. Quando fu il momento, subito si accorse che si era nascosto sotto una panchina, e andò indifferente a sedersi chiedendo a voce alta dove fosse andato a nascondersi.

Toni vedeva le sue gambe snelle e, stanco di aspettare, le pizzicò, facendo sentire le unghie. Paola ebbe uno strillo come un guaito e balzata in piedi, lo trasse fuori e gli contorse un orecchio. “Tu sei proprio cattivo, gli disse, senza che io ti abbia fatto del male, tu me l’hai fatto per primo.” Toni si era oscurato, le si fece vicino perché si era seduta di nuovo e le diede un bacio sul collo con l’impeto di un vitellino che cerchi la mammella. Ella gli passò una carezza sulla testa e ripresero a giuocare correndo tra i viali.

Un giorno che sua madre era uscita ed erano soli nella poltrona accanto alla finestra ed egli le mostrava i suoi libri figurati, Toni intese sulla strada una voce vibrante chiamare Paola. Ella rimase allibita e non si mosse, ma Toni si sporse dalla finestra e vide il ragazzo del pescivendolo che, facendogli impunemente un saluto, gli disse di fare venire Paola.

Ella si era subito affacciata. L’altro come la vide le buttò un bacio con la mano e scappò via. Toni la guardò subito in volto. Era mutata, come ebbra e subito le si rivolse contro battendola coi piccoli pugni finché ella si liberò da lui buttandolo disteso sulla poltrona. Quella forza in lei, maggiore della sua, lo avvilì e andò a nascondersi nella spazzacucina, da cui non volle uscire alle preghiere di lei, se non quando ritornò sua madre alla quale raccontò quello che era avvenuto, ripetendo tra le lacrime: “Paola ha il moroso”.

Sua madre gli diede dello stupido e lo racconto a suo marito, quando furono a letto e Toni aveva già preso sonno. Essi ci risero sopra. Ma nella notte furono risvegliati dal pianto di toni in sogno e a sua madre che lo aveva risvegliato non volle confessare di che cosa si era sognato. Suo padre disse che forse aveva la cena sullo stomaco e al mattino gli avrebbe dato qualcosa per purgarlo.

Il giorno dopo Toni non volle mangiare, stava con la testa china sul piatto che si raffreddava e sembrava volesse mettersi a piangere. Suo padre sentì se aveva la febbre e gli parve un pò caldo. Con Paola non voleva più giuocare e ritornò a rintanarsi sotto alla tavola coi suoi autocarri.

Nella notte, spenta la luce, sentirono che si rivoltava e non prendeva sonno. Più tardi sua madre intese che piangeva e ripeteva: “Maledetto, Paola è mia”.

E nella limpidezza del risveglio notturno sua madre comprese che il male di Toni non si guariva con le purghe. Egli soffriva di gelosia. Vide che dormiva e non lo svegliò per calmarlo; pensò che il suo incubo si sarebbe dileguato. Non ne parlò a suo marito, perché temeva che Toni, sentendoli parlare, si svegliasse. Gliene parlò alla mattina. Paola non poteva più rimanere: era meglio farla partire.

Portò Toni da sua nonna e, quando venne a casa, disse a Paola che preparasse la sua valigetta. Sarebbe partita subito perché presto si aprivano le scuole e non vi era più bisogno di lei. Ella rispose tranquillamente: “Va bene”.

Ma il suo pensiero andava alla piazza il cui frastuono arrivava fin dentro alla casa e le sembrava di sentire il richiamo del ragazzo del pescivendolo. La zia l’accompagnò alla stazione e alla sera, quando andò a riprendere Toni, gli disse che Paola era ripartita perché sua madre stava male. La guardò come per scoprire se mentiva e le chiese se sarebbe ritornata. “Sì, appena sua madre starà meglio” gli disse. Ed egli, nella dolcezza dell’attesa, quella notte dormì senza piangere.
Giovanni Comisso

da Il Tempo del 19/12/1948

Immagine in evidenza: Foto di Suzy Hazelwood (part.)

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