Isabella Panfido intervista uno dei tre finalisti del Premio Comisso 2019 Sezione Narrativa
Avvincente come un thriller la cronaca di una vita e di una morte che hanno lasciato il segno nel nostro Paese: Icarus. Ascesa e caduta di Raul Gardini di Matteo Cavezzali, edizioni Minimumfax è finalista nella sezione narrativa del Premio Comisso 2019.
L’autore, ravennate come il protagonista del suo libro, è anche collaboratore di La Repubblica e Il Fatto Quotidiano (appena uscito anche il suo ultimo libro “Nero d’Inferno” un’altra storia vera, quella del primo terrorista moderno, l’uomo che il 16 settembre 1920 fece saltare in aria Wall Street). Icarus è una ‘cronica’, come annota Cavezzali stesso, citando lo scrittore messicano Juan Villoro, cioè il punto di incontro tra fiction e reportage.
Il titolo deriva dalla versione meno nota ( quella di Diodoro Siculo) del mito di Icaro, citata nell’incipit, che narra la scomparsa di Icaro, figlio di Dedalo, in mare aperto, non caduto dal cielo con ali che sfidavano la gravità ma con una piccola barca.
Il cadavere di Icaro non fu mai ritrovato. In parallelo, la morte di Gardini è marchiata dalla scomparsa (temporanea ma significativa) del cadavere dalla camera dove si suicidò (così concluse l’inchiesta della polizia) la mattina del 23 luglio 1993.
Una scrittura nitida, quella di Cavezzali, che si fa stringente, grazie a una approfondita ricerca documentaria e testimoniale, ma che pure conserva una voce intima, privata, quando alla avventura esistenziale di Gardini, l’autore, al tempo ragazzino, avvicina la propria storia.
Chiediamo allo scrittore se ha provato simpatia per Gardini e se ne riconosce la statura di gigante di provincia in una Italia di mezze figure?
“Non credo sia simpatia. Non faccio sconti ai gravi errori e crimini commessi in quel periodo dai protagonisti della vicenda, restituisco però umanità a quelle persone, cosa che spesso viene dimenticata, ma che è il sale del racconto. Gardini aveva un grande sogno, quello di dare all’Italia una energia verde, che non fosse il petrolio, ed aveva trovato il modo di farla (oggi è utilizzata in molti paesi come il Brasile), ma in Europa questo gli fu impedito, fino al tragico epilogo.”
Le sue fonti di documentazione, a volte in chiaro a volte celate, forniscono versioni discordanti. Lei crede davvero che Gardini si sia suicidato?
“La morte di Gardini ha molti aspetti oscuri. Quando la polizia arrivò nella stanza, molto non c’era più, nemmeno il cadavere. Era stato portato via assieme al cuscino e le lenzuola.
C’era solo una pistola sul comodino da cui mancavano due proiettili, eppure fu immediatamente archiviato come suicidio.
Perché c’era tanta fretta di chiudere il caso? Perché non fu mai chiarito chi passò dalla stanza di Gardini prima che arrivasse la polizia? Cosa avrebbe raccontato Gardini a Di Pietro quel giorno in cui aveva concordato un appuntamento per raccontare la sua verità su Mani Pulite?”
Ha mai ricevuto intimidazioni o ‘avvertimenti’ per non proseguire le sue ricerche?
“Sì, ho ricevuto una telefonata anonima prima che uscisse il libro. Una voce che parlava al plurale, mi diceva – sappiamo che deve uscire il suo libro, il consiglio che le diamo è di ripensarci. È ancora in tempo-. Poi ha riattaccato. L’editore mi ha poi rassicurato e siamo usciti comunque, ma sinceramente ho pensato più di una volta di lasciare perdere tutto.”
Chi deve scomparire ancora – non i nomi ovviamente ma i ruoli – perché emerga la verità su questa morte?
“Il fratello di Gardini prima della sua morte disse che doveva morire una persona prima che tutta la verità emergesse. Se vi dico chi è mi potrebbero denunciare, ma se leggete il libro potete ipotizzarlo da soli.”