Giovanni Comisso - Gli scalcagnati

Gli scalcagnati

Non mi sono mai accorto che esista una vera eleganza maschile in Italia. Negli animali il maschio è sempre più elegante della femmina, ma siccome gli esseri umani sono animali intelligenti non vi è bisogno per suscitare nella donna il desiderio dell’uomo che questi abbia da coprirsi d’un piumaggio attraente. Il ragionamento segreto delle donne, quasi sempre è questo: «Tutti gli uomini sono belli, purché siano uomini». Il piumaggio, l’eleganza, è invece necessario per le donne, perché sanno di non essere belle per natura, di avere in massima parte, sproporzioni di carne che l’uomo non ha, una statura sempre inferiore a quella dell’uomo e sempre umiliante, e soprattutto perché sanno che se anche possiedono una fresca bellezza questa è fuggevolissima, fragilissima e subito precipitante dopo lo spazio d’un mattino e occorre sostituirla con l’eleganza. L’eleganza femminile è indispensabile col presupposto d’assoluta necessità, mentre nell’uomo ha una necessità assai relativa. Per tagliare corto, un’eleganza nell’uomo, appena al di sopra della linea normale, fa ridere, perché si ritiene voglia fare colpo non solo sulle donne, ma anche sugli uomini e questa eleganza viene subito interpretata come: effeminatezza.

Però vi fu un tempo in cui l’eleganza maschile, anche eccessiva, non faceva ridere, perché era una prerogativa di classe, quella borghese. Questo tempo va collocato prima della grande guerra mondiale, che fu una guerra profondamente rivoluzionaria nei gusti, nelle idee e anche nel costume. Prima di quella guerra la borghesia maschile doveva assolutamente essere elegante per distinguersi dal popolo, non solo per distinguersi, ma per umiliarlo.

Presunto ritratto di Giacomo Casanova, attribuito a Francesco Narici (Wikimedia Commons)

Questa eleganza di classe assumeva un aspetto di eleganza di casta come lo era stato prima della rivoluzione francese. L’eleganza era una divisa, cioè era in vero una forma di vestire che divideva una schiera d’uomini da altre schiere ritenute inferiori. Casanova elegantissimo con calzoni violetti, panciotto dorato e giacca rosa, anelli a ogni dito e merletti al collo e ai polsi fu sempre fischiato per la strada da tutta la populace d’Europa.

Quest’eleganza finì con l’essere considerata come un attributo dominante, i rivoluzionari la disprezzarono e si crearono una moda trasandata e inavvertibile, fino a quando col Direttorio l’eleganza non risorse con la forza d’una molla repressa, negli incroyables.

Un Incredibile e una Meravigliosa (di Louis-Léopold Boilly)
Un Incredibile e una Meravigliosa (di Louis-Léopold Boilly, Wikimedia Commons)

Al principio di questo secolo, la grande guerra mondiale rivoluzionò anche l’eleganza maschile. Dopo una vita di trincea, dove la divisa dell’ufficiale doveva farsi simile a quella del soldato, dove la trasandatezza passava per simbolo di sacrificio e di eroismo, dove l’affiatamento tra popolo e borghesia ugualmente esposti alla morte aveva abolito i vecchi intenti di distinzione tra loro, non si poteva più fare rivivere l’eleganza d’un tempo. Tramontò così il gusto dei panciotti di raso, dei colletti e dei polsini inamidati, dei guanti bianchi e delle ghette, del tubino e del cilindro, del soprabito col bavero di velluto o della pelliccia con quello di astrakan. Subentrarono invece gli impermeabili utilitari, le camicie flosce, i guanti marrone, scomparvero i profumi, gli anelli, le catene d’oro, le spille per la cravatta e assai spesso anche questa.

Incontro tra Mussolini e D’Annunzio

Venne di moda il cappello molle e la berretta quando non s’arrivò all’audacia d’andare a capo scoperto. Abolire la cravatta e il cappello fu per la borghesia italiana qualcosa di simile al non dare più importanza ai titoli di commendatore e di cavaliere. Invano si tentò di reagire a questo rilassamento della moda. D’Annunzio persisteva nell’uso dei guanti bianchi e Mussolini addirittura, per non spaventare la borghesia italiana con la sua rivoluzione, cercò di restaurare l’uso delle ghette.

Ricordo che dopo quella guerra, volendo entrare all’Opéra di Parigi con un pratico berretto, fui pregato dal portiere di togliermelo. Al tempo d’oggi s’è determinata un’altra condizione per moderare l’eleganza maschile. La condizione offerta da una necessità impellente d’essere in continuo spostamento in automobile, in motocicletta, in aereo e in treni rapidissimi e affollati. Non si può più vestire con ricercata e lussuosa eleganza se gran parte del nostro tempo è impegnata nel muoverci con tutta la probabilità di sporcarci o di sciuparci nei dettagli.

L’eleganza viene accantonata per gli spettacoli eccezionali, per qualche rara giornata di corse all’ippodromo, per i ricevimenti in case d’aristocratici o d’industriali, come in cenacoli riservati e clandestini, ma per la strada l’eleganza non esiste. Viviamo in un’epoca monotona e uniforme. Per la strada i soli eleganti, come per una mascherata retrospettiva, sono i vigili urbani, i portieri dei grandi alberghi, i camerieri dei ristoranti, i carabinieri in alta tenuta, i marinai, i bersaglieri, mentre tutti gli altri a un elegante del Settecento o del principio di questo secolo risulterebbero soltanto orribili straccioni.

La gioventù stessa che è elegante per natura non ama il decoro del piumaggio, anzi arriva a volersi fare brutta anche in quel dono d’eleganza dato dagli anni fioriti. Sere addietro mi trovavo nell’atrio di un albergo dove l’attrice Pascal Petit stava dormendo, d’improvviso entrò una ciurma di giovani brutti, sporchi e trasandati come avessero patito sonno e fame all’addiaccio. Volevano assolutamente vedere la Pascal, il portiere li cacciò fuori come mendicanti noiosi, poi si seppe che quei giovani erano tutti i compagni della Pascal, quelli che avevano lavorato con lei nel film: ”Les tricheurs”, con Laurent Terzieff in testa più scalcagnato degli altri. Per la gioventù d’oggi costoro fanno testo in tema di eleganza.

Jacques Charrier, Andréa Parisy e Laurent Terzieff in una scena del film “Les tricheurs” (Peccatori in blue-jeans) fonte: Wikimedia Commons

Ma in Italia neanche i ragazzi sono eleganti, vengono vestiti come per una caricatura: da ometti. Fra tante cose che prendiamo a prestito dall’America non siamo riusciti a imparare da quel popolo a vestire questi maschietti con quella disinvoltura capricciosa che si usa in quel paese.

D’altra parte tutto il chiasso che certa stampa sta facendo sugli invertiti ha influito sui giovanotti che intendono sposarsi e sugli uomini sposati i quali si guardano bene di portare la loro eleganza a un punto tale da essere scambiata per esibizione sessuale. Questo nuoce ai grandi sarti da uomo, ai negozi di moda maschile e ai grandi industriali tessili i quali devono abolire ogni gara di bizzarrie che sarebbe un grande incremento al loro commercio.

M’è toccato di recente vedere in una rivista di mode una tavola a colori dove il modellista cercava di convincere un signore sul declino a essere elegante. Non ho mai visto immagine più pietosa e ridicola. Il signore raffigurato era di quei tipi asciutti nobiliari che nella loro vita hanno amato contemporaneamente le donne e i cavalli. Aveva un cappellino mezzo alla tirolese, la stoffa del vestito era pepata di rosso e di verde su fondo scuro, la cravatta era tra l’avorio e il turchese, spuntavano i capelli bianchi e le guance erano di cartapesta. Il modellista, con quella eleganza viperina di cui lo copriva, voleva ruffianamene fare risaltare che sarebbe stato ancora valido nel cavalcare.

Se vi sono ancora uomini eleganti in Italia lo sono per questa condizione ed è tristissimo. Oppure per quella di certi altri, ugualmente convinti che l’abito faccia in vero il monaco, quando senza un soldo in tasca per il taglio e per la qualità di una stoffa, pensano di essere ritenuti ricchi di credito, mentre non lo sono.
Giovanni Comisso

da L’Espresso del 07/11/1960
Immagine in evidenza: “Gli scalcagnati”, immagine generata con Midjourney by Redazione

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