Isabella Panfido intervista uno dei tre finalisti del Premio Comisso 2019 Sezione Biografia
Il volume ‘Giorgio de Chirico. Immagini metafisiche’ di Riccardo Dottori, edizioni La nave di Teseo, finalista nella sezione biografie al Premio Comisso 2019 è un affondo nel periodo metafisico del maestro delle ‘piazze italiane’. Dottori, professore emerito di ermeneutica filosofica all’Università di Roma, si dedica allo studio del ventennio cardinale della poetica pittorica di de Chirico.
Il tomo, corredato da una ricca iconografia, analizza il punto di partenza del Pictor Optimus, cioè la cultura classica (ricordiamone il legame anche biografico, essendo Giorgio de Chirico – come il fratello Alberto Savinio – nato e cresciuto fino alla adolescenza in Grecia).
In seguito Dottori dimostra come la pittura di De Chirico derivi, quasi di necessità, dalla elaborazione del pensiero filosofico di due grandi padri, Nietzsche e Schopenauer.
Chiediamo al filosofo quanto ha pesato la formazione classica nella ‘traduzione’ in arte visiva del pensiero filosofico?
“de Chirico già nel 1910 aveva letto di Nietzsche ‘La nascita della tragedia’ e assorbito la novità fondamentale della fusione tra pensiero apollineo e pensiero dionisiaco. Con Heidegger, contemporaneo del pittore, il pensiero riflette sull’esserci nel mondo e sulla tematica del nulla.
Nulla che il pittore combatte con l’arte, ricreando un nuovo mondo che non è onirico ( cioè surrealista) ma iperrealista, cioè privato di dati reali anche se mimetico della realtà.”
Quando si colloca l’esordio nella metafisica in pittura?
“Appunto nel 1910, quando il pittore che fino ad allora aveva risentito fortemente di influssi di Böcklin dipinge ‘L’enigma dell’oracolo’: trascrizione pittorica della filosofia di Nietzsche e manifesto della nuova arte metafisica, che parla per enigmi di una realtà oggettuale ma trasposta”.
Un esempio? “ Nelle sue spaesanti piazze, il cielo è e non è cielo. Lo è, perché azzurro e collocato in uno spazio superiore, ma al contempo non lo è poiché senza profondità, senza sfumature, come una quinta teatrale, è il vuoto. Così i famosi loggiati svuotati di dimensione, senza ombre o con ombre prospetticamente ingannevoli; così, più avanti i manichini, che sono la rappresentazione inogettuale dell’umano.”
Due fratelli, de Chirico e Savinio eccezionali e poliedrici, pittori, musicisti, scrittori. Chi dei due ha influenzato l’altro?
”Difficile dirlo, aristocratici cresciuti nel medesimo humus culturale pienamente europeo, assorbivano il meglio di frequentazioni straordinarie e si stimolavano l’un l’altro. Poi avvenne una rottura, a causa di una ‘etichetta’ di iniziatore del surrealismo che Breton riconobbe a Savinio; de Chirico se ne risentì. Ma queste sono inezie rispetto al significativo peso delle loro personalità nella storia dell’arte italiana e mondiale”.