Del vestire le donne

Del vestire le donne

Un sarto italiano disse che vestire le donne come vestire gli ignudi. È anzitutto esatto che tra un uomo e una donna nudi entrambi, la donna risulta molto più nuda dell’uomo. Cioè la donna ha sempre qualche cosa che necessita nascondere più che l’uomo per diverse ragioni. Generalmente la donna ha molta più carne dell’uomo e questa carne tende sempre, o per gravidanza o per supernutrizione o per rilassamento sensuale, a debordare da una linea ideale, corrispondente a quella dell’uomo considerata la migliore come per tutti gli animali.
Questo debordamento dalla linea snella, porta la considerazione come di una perdita di equilibrio ed è appunto il sarto che deve provvedere con la sua mano e col suo occhio a creare il contrappeso per equilibrare questo infelicissimo corpo della donna. Il vestito femminile è quindi prima di tutto un contrappeso per dare equilibrio a un corpo squilibrato per natura e per tendenza.

Via Monte Napoleone negli anni cinquanta (Wikimedia Commons)

L’arbitrio del sarto determina la moda, ma per l’Italia la moda femminile non può essere omogenea. Vi dovrebbe essere una moda per ogni regione o perlomeno una per il Settentrione, una per il Centro, una per il Mezzogiorno e un’altra per le isole, quasi fino a rasentare nell’ispirazione quelli che erano i costumi regionali perché indiscutibilmente il corpo della donna italiana varia secondo il clima.
In verità la sagacia dei vari sarti regionali sa adattare il loro arbitrio alle clienti delle rispettive regioni, ma molte volte per il timore di cadere nel provincialismo, si finisce con l’adottare modelli fatti a posta per le signore che attraversano di mattina via Montenapoleone, anche per quelle che passano per via Maqueda. Oppure si usano stoffe e tessuti che adatti a ravviare le apparizioni femminili tra le nebbie del settentrione, stonano nella luce solare del Mezzogiorno.

Ricordo tutto il ridicolo che risultava in un grande albergo di Taormina a un ballo dove convennero le più belle donne di Catania e di Palermo, al tempo in cui erano di moda le stoffe stampate a fiori, a frutta e ad altri motivi del genere. Queste stoffe ottime per dare alle donne lineari del settentrione un accrescimento di fantasia al loro corpo, stonavano per le meridionali quasi a gonfiare i loro corpi già formosi abbastanza. Ricordo una con un vestito stampato a fichidindia e due di questi apparivano proprio sul petto. Se si vuole essere esatti si deve dire che ogni donna vorrebbe avere una sua moda personale e un suo sarto che lavorasse esclusivamente per lei nel creare i modelli.
Una donna intelligente e intraprendente non vorrebbe avere il modello di un vestito, anche fatto da un grande sarto di fama, che può essere fatto in serie. Se quella donna ne vede un’altra che indossa lo stesso modello, in un grande ricevimento, si crea per lei una situazione da svenire come si venisse a trovare davanti alla propria caricatura. Ma la fantasia dei sarti e dei produttori di stoffe non può essere limitata, quanto è illimitata alla presunzione femminile.

Foto di Tembela Bohle

Un tempo anche in una piccola città di provincia ogni signora aveva la sua sarta personale, la quale creava in collaborazione con la moda che veniva esclusivamente da Parigi e col proprio arbitrio di gusto e col desiderio della signora un vestito che poteva essere considerato unico. Il lancio di questo vestito avveniva principalmente per la inaugurazione della stagione autunnale dell’opera. Ed era bello vedere all’ingresso del teatro le varie sarte della città fare ala a quelle signore nel discendere dalla carrozza per godersi di vedere la propria creazione gareggiare con le altre. Poi nella inquadratura del palco quel vestito col completamento di gioielli veri e della pettinatura attraeva tutti i binocoli di madreperla da altri palchi e dalla platea con l’insistenza di una dichiarazione d’amore.

Ora invece, andato, dopo molti anni, all’inaugurazione di una stagione teatrale in una grande città mi è avvenuto di accorgermi che non si usa più il binocolo e che sarebbe quasi offensivo impugnarlo. La donna non ambisce più inquadrarsi col suo vestito in un palco di teatro, in una apparecchiatura memorabile, tanto gli uomini si sono fatti più distratti e meno convincibili a certe messe in scena, tanto poi non vi è più necessità di vagliare le belle donne a teatro, quando, oggi, sono più facilmente visibili per la strada, mentre una volta erano più riservate.

Foto di Andrea Piacquadio

Se ancora la donna va ai grandi ricevimenti, ai grandi spettacoli teatrali o alle grandi cerimonie ufficiali, quando avvengono, e si sente la necessità di sfoggiare un vestito personale e appariscente, lo fa più che altro per una ragione retrospettiva del costume italiano e se anche tutto è bello: donna e vestito, si sente qualcosa che stride e non è più nel carattere del nostro tempo. Una volta quelle esibizioni servivano per fare scaturire l’amore fedele e infedele e le signore italiane si servivano di quelle occasioni per apparire e fulminare. Oggi un romanzo d’amore non inizierà mai dall’incontro in un teatro o un ricevimento. La donna è libera di girare dove vuole a qualunque ora ed è in queste apparizioni che può nascere l’amore anche senza quel vestito di lusso che la faceva risaltare come un quadro di Boldini.

Foto di Julia Avamotive

Il corpo della donna è ancora plasmabile come la costola tolta dal torace di Adamo. Da quando la vita ha preso una celerità maggiore, togliendo la donna come dall’ozio dell’alcova, è divenuto ancora più necessario per lei di realizzare quella snellezza che era assoluta prerogativa dell’uomo. Oggi è raro vedere ancora di quelle donne colossali, monumentali, ingombranti che hanno vissuto fino al principio di questo secolo. La volontà di diventare snelle è riescita a influire sulla materia e si sono create donne uguagliate al maschio nel loro equilibrio carnale.
Così fu possibile senza fare un atto di coraggio usare la moda estiva dei calzoni. Ancora si deve constatare che oggi la donna in Italia risulta più pettinata che vestita, cioè che ha più cura di attrarre sia col variare del colore dei capelli che col variare della loro disposizione.
E lo fa con quell’estro che un tempo usava per i vestiti, anzi sembra che questa moda possa avere lo stesso effetto sull’interessamento del maschio come si trattasse di un vestito appariscente e indubbiamente più economico.

Giovanni Comisso

da Il Giornale di Sicilia del 01/08/1961

Immagine in evidenza: Foto di Anne

Share