“Io, libraio”: potrebbe sembrare una testimonianza dei nostri giorni, il racconto di una professione con un futuro tutto da scrivere e re-immaginare. Invece, “l’io” del titolo, inteso non solo come soggetto grammaticale ma soprattutto intellettuale e artistico, è il cinquantenne Giovanni Comisso che, in un articolo apparso il 1 marzo 1947 sulla Gazzetta Veneta, racconta la sua esperienza di libraio.
“Anche se Enrico Somarè non avesse scritto quelle sue poesie toccanti e sentimentali, egli sarebbe ugualmente per me un vero poeta. Me ne diede la prova, sono circa vent’anni, quando nell’organizzare le sue attività artistiche in Milano, pensò di invitarmi a dirigere la piccola libreria nell’ingresso alla sala mostre.
Io abitavo nella mia Treviso, avevo pubblicato il mio Porto dell’Amore, in edizione privata, avevo avuto una recensione di Eugenio Montale sul Quindicinale diretto da Somarè ma ero insomma uno sconosciuto e in Milano egli avrebbe potuto trovare innumerevoli giovani, più alla portata di mano, più adatti, conosciuti a fondo e invece ebbe l’altissima fantasia di invitarmi a Milano e di darmi quell’incarico. Per fare questo bisogna assolutamente avere avuto l’istinto dei poeti e fu conseguenza di meravigliose armonie.”
La piccola libreria in cui lavorò Comisso è quella al piano terra della prima sede della Galleria Milano, fondata da Somarè e Tallone a metà degli anni Venti in via Croce Rossa.In quei locali, affacciati sul monumento a Sandro Pertini, ora si trova l’Armani Book Store. Prima ancora c’erano stati un negozio di armi, il cinema Capitol e un bar. A rammentarlo in un’improvvisata quanto insperata intervista telefonica è Puci Somarè Gerli, figlia ormai novantaseienne di Enrico e TeresaTallone Somarè:un passato di danzatrice ritmica e medaglia d’oro alle Olimpiadi di Berlino del ’36, la cui voce prende vigore ed entusiasmo mano a mano che racconta le vicende della sua famiglia: un raro concentrato di artisti e intellettuali.
“Nel 1926, quando Comisso venne ad aiutare mia mamma in libreria, avevo otto anni. Di lui ricordo soprattutto la permanenza in casa nostra. Vivevamo in Via Borgonuovo 8, a due passi dalla Galleria, nel vecchio convento di Sant’Erasmo trasformato in “condominio”alla fine della guerra. Dell’edificio rimangono solo delle colonnine del ‘300 e, se non sbaglio, ora ci abita l’attrice col turbante amica di Strehler (Valentina Cortese ndr).
All’epoca, in ogni cella viveva una famiglia. Non c’erano bagni e l’acqua la prendevamo dal pozzo al piano terra. Ma noi ragazzini non sentivamo il disagio:ci bastava giocare sotto il lungo porticato. Però, a un certo punto, mio padre fu costretto a far capire a Comisso che non poteva fermarsi ancora a lungo da noi. Malgrado fossimo dei privilegiati e avessimo addirittura il cucinino e la camera matrimoniale non era possibile vivere in cinque in simili condizioni”.
A stupire e a far sorridere non sono solo le immagini lontane quasi novant’anni evocate da Puci Somarè, ma anche le parole di Comisso che ricorda l’attività di allestimento della libreria.
“Cominciai col ricercare i cataloghi di case italiane e francesi, e più che altro coll’andare nei magazzini delle varie case milanesi e delle Messaggerie per scovare da me i libri migliori. Fu in questa occasione che imparai a considerare il libro come un’attrazione della polvere. Me ne uscivo da questi magazzini come un conducente di autocarri per soleggiate strade estive, ma ogni giorno portavo preziosi libri da disporre negli scaffali e da comporre in vetrina.
Saba credo abbia avuto in me il suo primo libraio che gli mettesse in mostra le sue poesie al centro della vetrina. Svevo, Proust, Joyce facevano da sfondo e poi belle edizioni francesi illustrate e per intervento della signora Teresa, messo dalle sue stesse mani: il mio Porto dell’Amore.”
La libreria-galleria non era solo spazio espositivo, ma vero luogo d’incontro e di aggregazione culturale dove non era poi così raro incontrare artisti in carne e ossa come Gadda, Vergani, Aleramo, Montale, Svevo e Govoni o giovani talenti dell’editoria come Leo Longanesi. Dalla libreria bastava salire la scale interna e si accedeva alla galleria, meta degli allievi di Cesare Tallone e di numerosi scultori e pittori tra cui Arturo Martini e Mario Sironi.
Non sono molti i mesi che Comisso trascorre da libraio a Milano, ma gli sono sufficienti a crearsi una rete di amici: “non conoscevo G. A. Borghese, quando entrò, subito gli chiesi premurosamente cosa desiderava e lo giudicai subito per un ottimo cliente, ma egli mi chiese se ero Comisso, temevo fosse il padre di qualche ragazza, che venisse a protestare per la vendita di uno dei tanti libri proibiti, invece mi sentii dire il suo nome e il suo desiderio di conoscermi e di congratularsi con me per un racconto che avevo pubblicato sulla Fiera Letteraria.
Egli mi confuse per le molte belle parole che mi disse e da allora capii che un po’ in vetrina oltre ai libri, ero anch’io, ero un vient de paraitre (novità libraria).
Federica Augusta Rossi