Un convegno celebra lo scrittore trevigiano a cinquant’anni dalla morte.
di Isabella Panfido.
“Tutta questa presunzione di scrivere racconti o romanzi è una buffonesca menzogna. Non resiste narrativamente che la storia di se stesso”.
Un’ammissione impietosa, svelata nel suo Diario 1951-64 da Giovanni Comisso.
Strano destino quello dello scrittore trevigiano (1895-1969): alterna fortuna dopo l’immediato successo con Il porto dell’amore del 1924, frutto originale della avventura di Fiume, che nel `29 arricchito da nuovi racconti e con il titolo di Gente di mare vince il premio Bagutta.
Successo reiterato con il magnifico Giorni di guerra del 1930 – diario, manipolato dalla censura fascista, della partecipazione sul fronte orientale alla Grande Guerra.
Recensioni importanti, attenzioni della miglior critica del tempo da Pancrazi a Debenedetti, a Solmi, Montale che riconoscevano nella vibratile e frammentata prosa del giovane Comisso una vena narrativa nuova, pulsante di immediata comunicazione e acuto sguardo, in uno stile battente ritmi anche serrati, di breve ma travolgente intensità…
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