Il problema della conservazione delle antiche città italiane oggi si trova nella situazione di un ammalato grave disteso sulla tavola operatoria. Da un lato vi è l’importanza turistica e culturale di quelle città, che costituisce la parte sana dell’ammalato, giacché si traduce in sonante moneta a beneficio del nostro bilancio, con l’attrazione dei forestieri, dall’altro lato vi sono le necessitò del traffico moderno e la smania edilizia spinta da una cieca mira speculativa, che costituiscono il marcio da asportare.
È stato a lungo ribattuto che se noi tramuteremo le nostre antiche città, senza riguardo alcuno alle loro vestigia monumentali, sommergendole con un’architettura di effimero gusto esotico, finiremo col ridurle simili a quelle di altre nazioni e nessuno avrà più il desiderio dì visitarle. I cavillosi vengono fuori a dire che l’Italia è tanto ricca di antiche vestigia che per quanto da secoli i barbari di casa nostra e di fuori, le guerre e i terremoti ne abbiano distrutte, sempre tuttavia ne rimangono a oltranza.
Altri ancora, dicono che se nel Medioevo si fossero opposti all’invasione dell’architettura gotica, come ora ci si vuole opporre ai grattacieli e alle maniere edilizie di Le Courbousier e di Wright, non si avrebbe lo splendore architettonico di Siena e di Venezia. Il male è che in nome di queste nuove maniere delle quali è ben dubbia la convalida storica, si vuole con la più facile leggerezza umiliare quello splendore architettonico convalidato da secoli. Avviene inoltre che con la stessa facile leggerezza per sottostare alle esigenze del traffico automobilistico si operano impunemente demolizioni di palazzi, di cerchie murate, di storiche porte d’ingresso alle città, o per lo meno si isolano, praticando passaggi laterali nelle vecchie mura, tutto per trasformare le antiche città in autodromi.
Oggi, vi è assai poco da salvare in Italia, perché le distruzioni di una guerra susseguita all’altra hanno aperto la strada a distruzioni assai più crudeli operate da quelli che ho già definito i despoti del cemento armato. La loro frenesia più imperante è quella del grattacielo. Giustificabile questo genere edilizio forse in Genova e in Milano, per contagio di grandezza vi sono pacate e piane città di provincia che aspirano anch’esse ad avere di questi simulacri che le facciano apparire metropolitane. Non parliamo di Sassari e di Padova, che già ne hanno costruiti accanto a tuguri dove l’acqua non corre nella cucina, ma è utile sapere che fino a qualche giorno addietro vi era il paesino di Castelfranco, dove è nato Giorgione, e che affiora incantevole sulla pianura veneta, con le sue vecchie mura merlate rosee nei mattoni e coperte dall’edera, che esigeva di avere il suo grattacielo.
Da qualche anno è sorto in Svizzera, a Rapperswil, un istituto interazionale per la tutela e per la conoscenza dei castelli e delle città murate. A questo istituto che si chiama l’«IBI», (International Burgenforachungs Institute) hanno aderito le seguenti nazioni: Italia, Irlanda, Lussemburgo, Olanda, Spagna, Svezia. Svizzera, Germania, Francia e Austria. La storia e l’arte hanno disseminato in queste nazioni, che formano la vecchia, e tormentata Europa, innumerevoli castelli e città murate che testimoniano tirannie, principati, lotte, amori, leggende e il sorgere di tanta poesia lirica ed epica.
Ma oggi anche tutto il resto dell’Europa, come l’Italia, si trova con i suoi castelli e con le sue antiche città murate, in contrasto con l’incubo assillante della vita moderna, nella medesima necessità di difenderli, restaurarli, farne soprattutto attento oggetto di conoscenza turistica, tracciando un loro itinerario europeo. L’Italia, che ha aderito all’IBI, possiede ancora un patrimonio prezioso da riassestare e da far conoscere, circa una cinquantina di città murate e qualche migliaio di castelli rovinati in grande parte dal tempo e dalle guerre.
L’Ufficio Italiano dell’IBI ha sede nel palazzo municipale di Montagnana, diretto dall’ingegnere Stanislao Carazzolo e già vi hanno aderito le municipalità di diverse zone dove esistono storici castelli e di diverse città murate del Veneto, della Lombardia e dell’Emilia, ma molte altre vanno sollecitate a comprendere l’importanza dell’iniziativa. Con la preziosa meticolosità degli Svizzeri, per quanto intendano di formare non un centro di studio, ma di documentazione internazionale, essi si propongono, attraverso l’IBI, di offrire, per ora, la base per incontri tra gli aderenti delle diverse nazioni e di formulare proposte utili, sui seguenti argomenti: tecnica costruttiva e storiografia dei castelli e delle città murate, documentazione dell’arte militare e della storia dell’arte in rapporto ad essi, tutela legislativa e alleggerimento fiscale per i castelli di proprietà privata e inserire tutti questi monumenti nel turismo nazionale e internazionale.
In questi giorni si tiene il VI Congresso dell’IBI presso l’Ufficio Italiano in Montagnana e dopo le conversazioni e le discussioni sui vari argomenti, i partecipanti delle diverse nazioni aderenti si recheranno in visita a Cittadella, Castelfranco, Bassano, Marostica, Vicenza, Montecchio, Mantova, Sabbioneta, Sirmione, Malcesine e Verona, che con la stessa Montagnana, formano una mirabile costellazione di storia e d’arte che va difesa e valorizzata, se vogliamo aspirare ad appartenere ancora ai popoli civili.
Giovanni Comisso
da Il Giorno del 26/06/1956
Immagine in evidenza: Castelfranco Veneto, Treviso (foto di Alessandro Vecchi, Wikimedia Commons)