La Redazione del premiocomisso.it presenta un documento eccezionale di Luigi Bailo, pubblicato esattamente 100 anni fa, nel primo centenario canoviano, in data 10/11 luglio 1922 su Il Risorgimento.
Facendo ricerche negli atti d’archivio dell’Ateneo allo scopo di raccoglier fatti e lumi per la ricostituzione dello stesso, ancora in questo anno del primo centenario dalla morte di Antonio Canova, la cui celebrazione è tutta propria di Possagno, e per la celebrazione nell’anno venturo del primo anno secolare, festa tutta propria della nostra Accademia, dell’inaugurazione dell’Erma, colla coniazione della medaglia in onore del grande nostro comprovinciale, mi è avvenuto di trovare nel carteggio della Presidenza una lettera dello stesso Antonio Canova in data 27 dicembre 1818 al Presidente G.R. Dottor Marzari, la quale credo opportuno pubblicare per l’occasione del primo centenario della posa della prima pietra del Tempio.
Questa posa fu il dì 11 luglio 1819, ma la festa secolare per la guerra fu differita a quest’anno, e si farà in Possagno con grande solennità religiosa e civile coll’inaugurazione della restaurata Gipsoteca Canoviana la quale per la guerra ebbe molto a soffrire.
La lettera non è in sé stessa gran cosa, ma non inferiore a tante altre del Canova, tutte sempre interessanti, pubblicate d’occasione.
Essa conviene a questa solennità, perché parla dei disegni della fabbrica del Tempio, i quali il Presidente Marzari aveva con lettera al Canova chiesto di vedere.
Merita dunque di venir pubblicata, non solo per l’occasione della festa attuale a complemento di altre che riferirò, ma anche come documento storico delle relazioni del Canova col nostro Ateneo, di cui era Socio Onorario, e nell’anno seguente 1819 intervenne alla seduta straordinaria del 15 luglio, nella quale il segretario perpetuo Gaspare Ghirlanda tenne il discorso ad elogio di Lui, e ad esposizione storica dell’Ateneo, ed è documento essa lettera dell’interesse che gli Accademici, concittadini e comprovinciali allora prendevano al proposito già manifestato dal Canova ed al quale s’era impegnato, di edificare nella sua Patria, il caro villaggio all’estremità della nostra Diocesi e Provincia un Tempio che informato ai modelli monumentali dell’antichità classica, allora così predominanti nelle idee artistiche che erano pur quelle del Canova, doveva divenire a sua volta un monumento anch’esso della nostra Provincia, nella natia sua Possagno.
Questa lettera era sfuggita, o non fu […] trivigiano Francesco Scipione Fapanni, il quale, giovine e socio corrispondente dell’Ateneo, di cui suo padre Agostino fu Presidente e benemerito per aver ad esso procurato in dono dal Vescovo Gio Batta Sartori, fratello uterino del Canova e associante il suo nome, il grande volume: – Stampe delle opere scolpite da Antonio Canova – Roma, Scheri. 1817 – che è in deposito in questa Biblioteca ordinò i libri e vide le carte d’archivio dell’Ateneo.
Sarebbe mio desiderio, ma non è ora il momento di farlo, mettere in rilievo le benemerenze di questo letterato che fu, se non personale mio amico, certo collega e compagno di studi e donatore, dico donatore per il poco prezzo onde li ebbi, di libri a stampa e scritti suoi di erudizione trivigiana che in parte mi diede, in parte s’era impegnato di darmi, e che la morte prematura, vecchio sì, ma vegeto com’era, impedì seguisse.
Tra questi manoscritti avrò occasione di far conoscere una sua compilazione biografica e bibliografica del Canova.
In questa, se egli avesse conosciuto quella lettera, certo l’avrebbe data. Io la credo inedita; e può venir messa in relazione storica e complementare con quelle del Canova che si leggono ultime nell’opuscolo: – Lettere di Antonio Canova a Giannantonio Selva – Pubblicato per le Nozze Persico Papadopoli. – Venezia, Antonelli, 1835.
Nella prima di queste lettere che è a pagina 87, scriveva il Canova: da Roma in data 5 agosto 1818 –
“La Comunità di Possagno, mia patria mi fece più volte istanza e preghiera, acciocché volessi concorrere alla spesa di alcune riparazioni necessarie alla nostra Parrocchiale. Le istanze mi vennero rinnovate più volte, ed io in questo anno singolarmente in cui la raccolta è piuttosto felice, onde io dopo aver considerato che sarebbe quasi perduto ogni qualunque ristauro fatto sopra una vecchia fabbrica, presa la risoluzione di farne edificare una nuova a mie spese purché la Comunità concorra a somministrarmi gratuitamente la calce, i sassi e i macieri. Previa questa intelligenza, ha creduto bene di ristringermi ad alcuni de’ migliori architetti, e di comunicar loro (poiché non poteva fare con voi, come l’avrei desiderato) un mio divisamento di seguire nell’esecuzione di quest’opera, l’esempio di qualche illustre e famigerato monumento, senza porvi nulla di altrui invenzione. e venendo al particolare dissi che avrei eretto il portico di sei colonne, in proporzione del tempio o portico dorico riportato dallo Stuart che si crede un resto del tempio dedicato a Roma e ad Augusto. Ebbi la compiacenza di vedere approvato questo mio pensiero e dietro al consiglio e alla direzione dei ripetuti architetti si fecero gli opportuni disegni in grande i quali vennero sottoposti all’esame e studio della nostra Accademia di San Luca. Voi vedete dunque che la Chiesa da edificarsi non avrà nulla nella sua essenza che non sia antico. Questi stessi disegni saranno spediti poscia al mio cugino Giovanni (Zardo detto) Fantolin, incaricato dell’esecuzione dell’opera; ma io gli farò prima e Suprema legge di presentarli a voi, di chiedervi, a mio nome, il vostro parere, e di raccogliere dalla vostra bocca tutto ciò che poteste trovare a ridire liberamente sopra di essi, etc. etc.”
Rispondeva il Selva con sua da Venezia in data 11 agosto 1818, con altre cose estranee:
“Saggio è il vostro divisamento di seguire in questo edificio l’esempio di qualche illustre opera, quali sono quelle che mi accennate, e vedrò assai volentieri i disegni che avete fatto, che non ponno che essere squisiti, essendo ottenuta l’approvazione vostra e quella di codesta celebre Accademia”.
In altra lettera allo stesso Selva da Roma, in data 26 agosto 1818, Canova scriveva:
“Devo poi prevenirvi in proposito del nuovo Tempio da erigersi in Possagno non aver io mandato a mio cugino verun disegno finito e che finora l’ho interpellato sopra alcuni dati generali, perché si informi approssimativamente delle spese, e s’istruisca della cava di pietre vicino a Possagno e di altre materie occorrenti e me ne faccia ragguaglio. Frattanto s’andranno mettendo in ordine tutte le cose che abbisognano; e fissato il piano, si manderanno i disegni, e i profili in grande e tutto ciò che farà strettamente all’uopo. Allor ne sarete avvertito a tempo, e mio cugino si recherà da voi per giovarsi de’ vostri lumi e consigli. Ringraziovi caramente delle buone disposizioni che mi dimostrate a questo riguardo”.
E’ l’ultima delle lettere stampate in quell’opuscolo.
Ve n’è un altro di poche pagine col titolo: – Alcune lettere artistiche riguardanti il Nuovo Tempio di Possagno – Venezia, Gaspari, 1852.
Nella prefazione è stampato: – “L’erezione del Tempio di Possagno segna un’era nella storia delle arti italiane, e sebbene esso sia condegnamente descritto dal chiarissimo Melchior Missirini, pure non sarà discara la pubblicazione di alcune lettere autografe spettanti alla primordiale corrispondenza tenuta etc. etc.” tra Canova, Selva e Diedo.
In questo opuscolo, oltre le precedenti, si trova una lettera del Canova allo stesso Selva da Roma, in data 26 settembre 1818, nella quale era inserta altra sua per ottenere a mezzo dello stesso Selva dall’I. R. Governo il permesso di edificare in Possagno il nuovo Tempio.
Scriveva Canova:
“Penso di fare venire il mio cugino Fantolin a Roma per combinare con esso a voce diversi articoli che per iscritto rimangono sempre indecisi e imperfetti. Al suo ritorno in patria gli darò i disegni della Chiesa finiti, e in grande perché li presenti a voi, onde rigorosamente siano esaminati e corretti e governati dal vostro giudizio e dall’amicizia che avete per me, sicché ve ne faccia fino ad ora preghiera caldissima, e ve ne anticipo i miei ringraziamenti. Vi ripeto solo che vogliate essere cortese e liberale col medesimo Fantolin di tutte le osservazioni e avvertimenti e lumi che abbisognar possono alla esatta e lodevole e giudiziosa esecuzione dell’opera, onde guarentirmi da ogni disordine e da ogni spesa superflua e da ogni fallace sorpresa.
Questo sarà un vero e massimo regalo che farete al vostro amico, il quale vi sarà eternamente legato da un obbligo immenso.”
Il Selva presentava all’Eccelso I. R. Governo Generale In data 27 ottobre 1818 la domanda del Canova, come dai fatti enunciati: “così che fra poco deve egli mandarne da Roma il disegno. Supplica quindi il suddetto sig. Canova col mezzo del ricevente sottoscritto, questo Eccelso I. R. Governo Generale, del grazioso permesso di edificare il detto nuovo Tempio, conservando la presente Chiesa sino alla di lui Consacrazione, per poscia demolirla o convertirla ad uso profano. Sarà quest’opera di decoro alla Religione, alle Belle Arti, e di maggior lustro alla Comune di Possagno che ben a ragione si vanta dell’insigne Scultore, motivi tutti che lusingano sia per essere esaudito dall’Eccelso I. R. Governo Generale il presente ossequioso ricorso. – Giannantonio Selva, Architetto Ingegnere Prof. d’Architettura nella R. Accademia di Venezia”.
Il Selva morì nel gennaio del seguente 1819.
Il Canova quindi, invece che a lui, si rivolgeva a S. E. (quale ex Patrizio Veneto) Antonio Diedo, da Roma, il 25 febbraio 1819:
“Giovanni Zardo (soprannominato Fantolin), mio cugino ritorna da Roma coi disegni della nuova Chiesa, che io desidero far erigere in Possagno, mia Patria, e viene incaricato espressamente di mostrarli anche a Lei, per averne il Suo parere e consiglio. Ella vedrà che l’atrio è tolto da quello del Partenone, e le altre parti sono derivate da altri templi antichi, La prego, etc. etc.”
“E tanto più affettuosamente le domando un tale cortese uffizio, quanto per la perdita del comune nostro amico Prof. Giannantonio Selva, esso mi si rende più necessario. Spero ch’Ella non vorrà negare questo favore, né ricusare al detto mio cugino che le raccomando, tutte quelle osservazioni e lumi che potranno condurlo a migliorare l’esecuzione dell’opera, a cui fu da me deputato per Direttore”.
Il Diedo in una lunga lettera da Venezia, in data 20 maggio 1819, riscontrò al Canova:
“Ricevo per un tratto della sua fiducia e singolare bontà per me l’onore che mi comparte nel chiedere il mio parere sul disegno del magnifico Tempio cui con tanto dispendio medita di costruire in Possagno. La giusta premura del sign. Fantolin, di restituirsi alla patria mi ha privato del vantaggio etc. etc. di sentire un’artista eccellente… il Prof. Borsato che era assente da Venezia.
Quanto a me dirò liberamente quel che ne penso. Nulla di più nobile di tal progetto. La simplicità produce grandezza e la grandezza bellezza. La pianta non mi lascia alcun desiderio. La facciata è superba, e soltanto mi farei ardito di esporle un dubbio ed è se convenga riprodurre il Partenone co’ suoi difetti per non darlo in minima parte alterato, oppure apporvi qualche piccola modificazione per darlo più purgato” (più purgato!!!) etc. etc.
Credo inutile per i comuni lettori dar le osservazioni critiche o tecniche del Diedo; né so qual conto ne abbia fatto il Canova.
Io non posso metter voce in tali questioni; forse ai nostri giorni coi maggiori studi sull’arte greca, i competenti farebbero osservazioni diverse.
Il Marzari avuta contezza di questi disegni che Canova doveva spedire a Venezia e a Possagno, con sua lettera del 29 settembre, quale Presidente dell’Ateneo, chiese al Canova di poterli vedere e mostrare agli accademici.
Pare anzi di più che Canova abbia dato l’assenso di unire al secondo volume delle Memorie il disegno del Tempio, il che non ebbe effetto per la tardanza dell’esecuzione come nel suo discorso tenuto in presenza di lui afferma il Ghirlanda.
Alla lettera del Marzari Canova risponde con questa.
“Roma, 27 Xmbre 1818.
Pregiatissimo Sig. Presidente
Non voglio attendere il ritorno di mio cugino Giovanni Fantolin per formare il debito riscontro al gradito suo foglio del 19 p. p. per il quale mi viene da Lei esternato il desiderio di aver sott’occhio li disegni della nuova Chiesa che io ho destinato di far edificare in Possagno. Questi disegni però non è possibile di mandarli prima della partenza del nominato Fantolin, che gli aspetta e per gli quali appunto è venuto a Roma. Egli dovrà portargli seco nel suo ritorno; ed Ella potrà in tal circostanza soddisfare l’onesto suo desiderio di vedergli, e farne poi quella menzione che si saranno meritata dal di Lei giudizio e da quella degli altri onorati membri dell’insigne Ateneo, ch’Ella presiede. Spiacerci non poter adempiere né prima, né in altro modo alla sua richiesta; e la prego di accogliere in buona parte, come si conviene, la mia discolpa: mentre in qualunque altra cosa che da me dipenda, mi ritroverà sempre disposto al servirla.
Intanto, riconoscente oltremodo all’espressioni di singolare bontà, di cui Le piace adornarmi, e pieno della più perfetta stima e considerazione ho l’onore di essere di Lei Ch. Sig. Presidente “Obll. Servitore Ant. Canova”.
[extra:] – Al Ch. Signore – Il Sig. G. B. Marzari – Presidente dell’Ateneo di Treviso (per Venezia)
Per i disegni del Tempio Canova si valse in Roma dell’opera di un tal Dosio architetto della Scuola di Milano, che aveva buoni principi dell’arte ed era buon disegnatore di mappe architettonici.
Stabiliti da sé i due archetipi del Partenone di Atene per il portico dorico, e del Pantheon di Roma pel corpo, fatto a sé venire da Crespano il suo cugino Giovanni Zardo nominato Fantolin, buon capomastro; con questo combinò le prime pratiche per l’esecuzione.
Antonio D’Este scrive nelle Memorie:
“Date le opportune disposizioni per lo scavo delle fondamenta, Canova partiva da Roma nel giugno 1819 per andare a Possagno.
In quei giorni Pietro Gioniani che era Valdagno per curare i nervi, andò a Possagno a salutare Canova e se ne sentì meglio in salute. “La consolazione fu grande in vederlo operoso e adorato come un Dio da quelle buone genti che da paesi anche lontani venivano per vederlo, etc. etc.”.
Il Canova scriveva al D’Este:
“La giornata di ieri 4 luglio fu la più deliziosa… nel contemplare lo spettacolo commovente di questa buona popolazione. Donne, giovani e vecchie si prestavano con fervore mirabile all’adunamento dei materiali, etc. etc.”.
La domenica 11 luglio in presenza di moltissima gente convenuta anche da lontani paesi, e anche da Treviso, fu colla cerimonia religiosa benedetto il terreno dal Parroco Andrea Bellis colla licenza dell’Ordinario che era il Vicario Capitol. Mons. G. B. Rossi, Socio dell’Ateneo; e Canova vestito dell’abito di Cavaliere di Cristo pose la prima pietra.
Furono imbandite mense e distribuiti premi a sue spese.
“Dopo la mensa – scrive il Missirini -venne vaghezza allo scultore di comporre artisticamente le trecce d’una di quelle donzelle”.
Pier Alessandro Paravia riferisce il fatto al giorno 8 luglio. Il giorno 13 partì per Roma, e la sera fu a Treviso accolto in una seduta straordinaria dell’Ateneo indetta in suo onore.
Una nota storica apposta alla pagina IX. del secondo volume delle Memorie, In seguito al discorso del Segretario Perpetuo D.r Ghirlanda premesso con numerazione romana al volume già stampato dice:
“Un ragguardevole Socio Onorario di questo Ateneo che si trovò in Possagno il dì 11 luglio in cui dal Canova fu posta solennemente la prima pietra del tempio che ha deliberato d’innalzare, restituitosi tra noi la mattina del 12 fece sapere al Prof. Marzari, nostro Presidente, che verso l’imbrunire del giorno successivo il Canova arriverebbe in questa città, e forse non ricuserebbe di onorare di sua presenza il letterario Istituto”.
Compendio. Il Presidente comunicò subito la notizia ai soci: propose una seduta straordinaria; fu preparata ed annunziata.
Egli andò incontro al Canova, presentò i saluti e fece l’invito a nome del Corpo Accademico; il Canova condiscese, e ad onta dell’infuriare continuo del temporale vi accorse il fiore della cittadinanza dell’uno e dell’altro sesso tratto dalla vivissima brama di rivedere e conoscere l’uomo da tutto il mondo ammirato.
Aperse la seduta il Presidente, tenne il discorso il Segretario Perpetuo Gaspare Ghirlanda rendendo conto al Socio Onorario dell’attività dell’Ateneo, e vi furono letti versi e prose, e reiterati applausi e ringraziamenti.
Prof. Luigi Bailo
Immagine in evidenza: l’Ateneo di Treviso (fonte: ateneoditreviso.it)