Ora che Alceste aveva abbandonato l’automobile per la bicicletta constatava che ne aveva un beneficio nei suoi pensieri. Ricordava che Nietzsche esortava di camminare per avere felici pensieri, tuttavia anche la bicicletta li favoriva. Vedere la terra da una posizione più elevata che camminando era un pò come se la dominasse stando a cavallo. E andare a cavallo pensava sarebbe stato il modo ideale per avere ancora migliori pensieri. L’automobile con la sua velocità se dava un senso di supremazia sullo spazio e quindi anche sul tempo, trovava che solo per questo poteva favorire pensieri, ma di ordine commerciale. L’automobile corrispondeva alle antiche alette ai piedi di Mercurio. Egli non era fatto per avere pensieri d’ordine commerciale e correndo tra la campagna pensava invece al curioso andamento della situazione agricola durante e dopo la guerra.
Vedeva nei cortili delle case dei contadini quasi più bambini che polli. Bambini che erano nati in questi ultimi anni e si diceva: “È naturale, durante la guerra i contadini furono la sola classe sociale che sia stata in pace: non hanno avuto le angoscie degli abitanti delle città per tutti i bombardamenti aerei e improvvisamente arricchitisi, solo che sottraessero agli ammassi alcuni quintali di frumento, avevano ben la possibilità di creare dei figli senza preoccupazione alcuna“.
Ricordava l’aspra impressione provata il giorno successivo al grande bombardamento che aveva distrutto la sua città e con essa la sua casa, quando dalla campagna circostante affluirono innumerevoli i contadini con le loro donne, tutti vestiti a nuovo, per vedere la distruzione della città verso la quale si erano sempre sentiti in umiliazione. Era una doppia rivincita per loro: vedere distrutte le case di coloro che li chiamavano villani e potere tra quegli ammassi di pietre sfoggiare i vestiti che avevano potuto comperarsi coi facili guadagni. Dopo l’altra guerra era stato diverso, il maggiore contributo di morti in combattimento era stato dato dai contadini, vi era stata la vittoria e con essa il presupposto che vi fosse un bottino da spartire.
I partiti estremisti avevano potuto avere buon giuoco sulle masse agricole dicendo : “Voi col sacrifici dei vostri figli avete dato la vittoria, a voi spetta la proprietà della terra“. Dopo questa guerra perduta invece quegli stessi partiti non potevano tenere lo stesso linguaggio, anche perchè i contadini, che sanno tutto pur senza leggere i giornali, sapevano che anche in Russia i contadini dei coleoz non sono proprietari della terra che lavorano.
In quel paese erano stati invero aboliti i padroni ma era subentrato come padrone quello che si conviene chiamare Stato o popolo. In Italia invece coi molti denari accumulati alcuni contadini si erano già comperata della terra, moltissimi avevano una stalla propria che solo avessero voluto venderla avrebbero realizzato diversi milioni, altri ne avevano metà col proprietario della terra, quindi ogni idea estremista se fosse stata attuata avrebbe intaccato anche loro come capitalisti.
Un maiale e un centinaio di galline davano loro un reddito che nessun impiegato e neanche certi professionisti potevano avere in un anno. Per loro quindi quando si trattò di votare, non vi fu un attimo dj dubbio: bisognava votare per la Democrazia cristiana. Ma siccome anche questo partito doveva dimostrare di essere moderno e la modernità oggi consiste nell’andare verso il popolo, decise, salito al potere, di attribuire ai contadini a mezzadria una certa quota di detrazione a quella spettante al proprietario.
Alceste trovava che lo scopo era tutto politico, come una mancia, a spese del proprietario, data dal partito a coloro che avevano assicurato il maggior numero di voti. Non vi era una ragione di equità. I suoi contadini durante la guerra si erano arricchiti più di lui, non avevano avuto danni e angoscie e ancora si doveva premiarla. Tuttavia non vi aveva fatto grande caso, trovava soltanto che il fatto era immorale, più morale per lui sarebbe persino riescito il colcoz, se lo scopo era che la terra dovesse produrre per il popolo. Egli conosceva molte famiglie di contadini attorno alla sua piccola campagna e andava, ora che aveva la bicicletta, spesso a visitarle. Era tanto che non vi andava e vi trovò molti cambiamenti. Erano famiglie che avevano la terra a mezzadria e anche in affitto. Queste famiglie una volta unite tra fratelli ora si erano divise.
Alceste conosceva benissimo come funzionava l’amministrazione interna di quelle famiglie di contadini. Una settimana per turno la moglie di un fratello accudiva alla cucina e incassava l’entrata della vendita delle uova le quali da pochi centesimi erano salite a trenta e anche a quaranta lire l’una. E siccome tutto ha origine dall’uovo, anche questa divisione tra fratelli aveva origine da esso. Quelle donne pensavano che se avessero diviso il pollaio, ognuna avrebbe avuto dalla vendita delle uova un guadagno doppio. Diviso il pollaio, si divise anche il resto: allevamento del maiale, stalla e terra e cucina. E fatta la divisione pur vivendo nella stessa terra quei fratelli divennero come nemici, leticando a ogni istante per un pollo o per una manciata di paglia. Ideale umano è l’indipendenza, e rafforzati dalla ricchezza i contadini avevano teso all’indipendenza gli uni dagli altri in quasi tutte le terre in affitto e anche in certe a mezzadria, quando i proprietari furono costretti a concederla cercando di evitare i dissidi che invece si accrebbero tra i contadini coabitanti.
Anche in questo caso Alceste, pur ammettendo che il desiderio di indipendenza era bello, pensava che se la terra deve produrre per il popolo era più giusto il colcoz. Frequentando quelle famiglie divise egli constatava che si erano imborghesite, le donne non andavano più al lavoro dei campi, come una volta, ma se ne stavano a casa a cincischiare tra la cucina e le pentole. Avevano preso il gusto di essere visitate da amici di città e trattenersi con loro in conversazioni e anche di tenerli come ospiti nel periodo della vendemmia. Volevano dimostrare la propria indipendenza dal resto dei familiari. Una volta invece i contadini stavano sui campi dalla mattina alla sera e alla cucina attendeva per turno una sola donna alla settimana. In quanto poi al lavoro dei campi nelle terre in affitto questo veniva svolto secondo due principi: il primo di ottenere quello che era necessario al proprio consumo e alle proprie necessità, quindi molti vigneti per avere molto vino da bere, molti ortaggi perchè il contadino è molto vegetariano, molto granoturco perchè la polenta è come le fondamenta per il suo pasto e molto latte, quindi molte vacche in stalla, perchè il latte era necessario ai molti bambini nati in questi anni. Il secondo principio era quello di coltivare solo quei prodotti che ancora potevano dare un considerevole guadagno come il frumento.
Però per uno strano calcolo essi mettevano tutta la loro migliore volontà e cura nei lavori che davano i prodotti immediatamente necessari ai loro bisogni di casa. E se dovevano fare una concimazione preferivano farla prima per i loro ortaggi che per il frumento, anche se questo riescendo bene avrebbe potuto dare denaro per comperare quanti ortaggi avessero voluto. Alceste non sapeva se chiamare questo modo di comportarsi: ignoranza o realismo pratico. Certo poteva essere che seguissero l’insegnamento: meglio un uovo oggi che una gallina domani, ma se la terra doveva dare da vivere al popolo (difatti i granai dove ancora portavano il frumento all’ammasso si chiamavano Granai del Popolo) non era con questo sistema che sarebbe stato compiuto questo dovere. E di nuovo si convinceva che era meglio il colcoz. Aveva inteso che si stava preparando una riforma agraria limitando le grandi proprietà, per dare un certo numero di poderi in proprietà a favore di famiglie di contadini. Egli aveva avuto l’occasione di visitare alcune grandi proprietà poco distanti dalla sua campagna e aveva visto come erano magnificamente organizzate per la confezione dei vini, per la selezione negli allevamenti del bestiame, per la concimazione, per la motorizzazione delle arature e per tutti gli altri impieghi delle macchine agricole. Erano grandi proprietà con dirigenti tecnici il cui scopo era continuamente di andare verso un miglioramento nella produzione. Indubbiamente in qualche altra parte dell’Italia vi saranno state altre grandi proprietà non organizzate a questo modo, ma tenute in parte incolte. Egli non capiva perchè si sarebbe voluto frazionare una parte di quelle grandi proprietà modernamente organizzate per darle in proprietà a contadini i quali subito avrebbero intensificato i lavori per avere prodotti principalmente necessari al loro diretto bisogno e avrebbero coltivato cavoli invece di frumento. Non solo, ma entro dieci anni, quando i fratelli, ora ragazzi, si sarebbero sposati, avrebbero immediatamente deciso di dividere pollaio, stalla e terra sollecitati dalle proprie mogli smaniose di una indipendenza in cucina e altrove. E dopo una ventina d’anni i nuovi nati si sarebbero successivamente divisi frantumando quella proprietà in pochissima terra per ognuno quando non avessero pensato di costruirsi in essa persino casette per ogni famiglia nuovamente costituita. Non era un roseo avvenire per l’agricoltura italiana che egli antivedeva. Avrebbe anche in questo caso voluto dire : “Meglio colcoz“. E anzi gli era venuto il sospetto che le grandi proprietà organizzate modernamente fossero in certo qual modo dei colcoz, invece che diretti dallo Stato, dal proprietario. E se il proprietario ricavava un guadagno superiore a quello del dirigente del colcoz, infine anche i contadini a mezzadria ne ricavano un guadagno superiore a quello dei lavoratori dei colcoz. Ma non disse: “Meglio il colcoz“.
Alceste, pedalando sulla sua bicicletta e osservando al dolce vento della corsa dall’alto dei sellino i campi che verdeggiavano nelle nuove semine, ebbe un felice pensiero: “Una sola cosa ci vuole per rimettere le cose a posto“, si disse. “Che le uova ritornino al prezzo di pochi centesimi“. Dalle uova era sorta la recente confusione e dalle uova sarebbe scaturita la più perfetta riforma agraria. Per andare bene, cioè perchè i contadini ritornassero contadini e non borghesi leticanti e impigriti, ci voleva la crisi agricola, che poi altro non era che risanazione, mentre la vera crisi era cominciata con la guerra! Cosi egli pensava e sorrideva allegramente all’avvenire.
Giovanni Comisso
Pubblicato a pag. 5 de “Il Mondo” del giorno 1 Aprile 1950
Si ringrazia la Biblioteca Nazionale Centrale di Roma e il portale della Biblioteca Digitale