Un laboratorio sul racconto breve al liceo
Pensavo che fare un laboratorio supplementare di scrittura sul racconto breve in un liceo, fosse come chiedere a dei muratori, di ritorno la sera dal cantiere, perché non fate un po’ di movimento che vi fa bene alla linea? E quindi trovarmi di fronte a studentesse e studenti con espressioni del tipo: ma sta scherzando? Il tizio vuol parlare di libri e farci anche scrivere un racconto con cui partecipare a un concorso letterario tra diversi licei per il Premio Comisso? Qualcuno gli dica che siamo a maggio e praticamente sfiniti!
E invece nell’aula del liceo Marconi a Conegliano (TV) ho trovato curiosità e attenzione fino all’ultimo, minuto dell’ultimo giorno, dell’ultima storia utile. E ho imparato un po’ di cose dai quei 24 studenti.
Quello che mi sono permesso di dire il primo giorno, per tranquillizzare me e loro, è che tutti quelli che scrivono, e a tutti i livelli, hanno frequentato almeno tre scuole di scrittura:
la prima è la scuola dell’obbligo, quella che dà la base comune ed essenziale (gratuita e obbligatoria) per impostare una qualsiasi attività di scrittura o lettura;
la seconda scuola è la vita, la dimensione spazio-temporale in cui ci accade di vivere, incontrare persone, fare lavori, amare, odiare, andare a spasso; fare alcune esperienze personali o collettive che rimangono come un pungolo nell’animo;
la terza scuola di scrittura sono i libri che abbiamo letto, amato e ci hanno dato parole, visoni, coscienza e dai quali siamo tornati ogni volta che ne avevamo bisogno e il mondo sembrava inospitale, incomprensibile, nemmeno tanto meritevole di essere attraversato.
Siccome ero al liceo e questi studenti avevano già un’ottima grammatica e un buon senso della frase, e così a occhio, anche le loro vite avevano spessore (secondo me, a sedici anni, sai già un bel po’ di cose, magari poi le dimentichi per il resto della vita, ma a quell’età le sai);come da manuale abbiamo lavorato sulla descrizione, il punto di vista, i personaggi, abbiamo letto, fatto esercizio di scrittura e commentato tra noi i primi testi prodotti.
Siamo andati al sodo analizzando alcuni racconti brevi. L’invito è stato grossomodo questo: andiamo a casa di alcuni scrittori,vediamo come arredano le pagine dei loro libri, osserviamo con attenzione le suppellettili, sentiamo che profumo c’è, cerchiamo di notare se manca qualcosa e perché. Per arrivare alla domanda più grande nell’epoca dell’obsolescenza supersonica: mi piace ancora oggi il loro scrivere?
Quindi abbiamo dormito una notte con il soldato ferito e i bachi da seta di Ernest Hemingway (Insonnia); abbiamo fatto la guardia agli alberi di cachi di Italo Calvino (Alba sui rami nudi); siamo stati nel fango delle Langhe con Beppe Fenoglio (Pioggia e la sposa); abbiamo visto l’umiltà e la profondità di Mario Rigoni Stern scrittore e maestro di vita (Quando scopersi Hemingway); quindi siamo stati ragazzini pistoleri con John Fante (La grande fame), e abbiamo visto crollare, per colpa nostra, un grande edificio con Dino Buzzati (Il crollo della Baliverna); poi abbiamo ragionato sulla brevità del testo e sulle idee folgoranti di Fredrick Brown (La sentinella); abbiamo visto Pasolini con gli occhi di Goffredo Parise nei suoi Sillabari (Antipatia).
Abbiamo anche spizzicato tra le pagine di Luigi Meneghello (Libera nos a malo) e di Mario Rigoni Stern (Il sergente nella neve), senza dimenticare il buon vecchio Emilio Salgari (Il Corsaro Nero).
Abbiamo anche ragionato insieme come valutare un racconto, perché la giuria che premierà i racconti del concorso sarà formata dagli stessi studenti partecipanti al concorso e i vincitori saranno parte della Grande Giuria dell’edizione 2018 del Premio Comisso.
Questo bel progetto ha coinvolto, oltre al liceo Marconi di Conegliano, il liceo Giorgione di Castelfranco Veneto e il liceo Canova di Treviso; è stato pensato dall’Associazione Amici del Premio Comisso che ha voluto l’iniziativa nelle scuole trevigiane. Gli altri scrittori coinvolti, e con cui ho condiviso l’avventura, erano: Isabella Panfido (giornalista, poetessa e traduttrice) e Alessandro Cinquegrani (scrittore e docente di letteratura comparata a Ca’ Foscari Venezia che è stato l’ideatore del progetto).
Due cose importanti, che non scorderò per un bel po’ ti tempo, le ho incontrate 35 anni dopo aver lasciato i banchi di scuola: si tratta della fiducia e della giovinezza.
La fiducia è quel clima che si è instaurato in classe tra di noi e soprattutto tra gli studenti (i partecipanti al laboratorio venivano da classi e indirizzi diversi); e non era una generica fiducia nelle proprie capacità,oppure sul fatto di diventare “scrittori”,ma era una disposizione a far conoscere i propri sentimenti, le inquietudini, i pensieri leggendo i propri testi ad alta voce.
E poi con loro ho rivisto la giovinezza, che accade sempre una sola voltanella vita e, quando la rivedi, ti lascia stupefatto. Era tra i banchi, nelle voci, che dall’aula con le finestre aperte, usciva verso gli alberi del viale.
Era la stessa giovinezza che ben conosceva Giovanni Comisso (già cent’anni fa) e che trasuda dai suoi “Giorni di guerra”, il libro che è stato al centro dell’iniziativa per i licei trevigiani.
ANTONIO G. BORTOLUZZI è nato in Alpago, provincia di Belluno nel 1965 dove tutt’ora vive con la famiglia. Ha pubblicato nel 2015 il romanzo Paesi alti (Ed. Biblioteca dell’Immagine) terzo classificato alla tredicesima edizione del premio letterario del CAI Leggimontagna e finalista al Premio della Montagna Cortina d’Ampezzo 2016. Nel 2013 ha pubblicato il romanzo Vita e morte della montagna con cui ha vinto il premio Dolomiti Awards 2016 Miglior libro sulla montagna del Belluno Film Festival. Il suo esordio risale al 2010 con il romanzo per racconti Cronache dalla valle (Ed. Biblioteca dell’Immagine). Finalista e quindi segnalato dalla giuria del Premio Italo Calvino nelle edizioni 2008 e 2010 è membro accademico del GISM (Gruppo Italiano Scrittori di Montagna).
Articolo pubblicato su https://zonadidisagio.wordpress.com/