Letteratura della Resistenza

Letteratura della Resistenza

Uno straniero potrebbe osservare che in Italia non si ebbe una considerevole letteratura della Resistenza, come in altri paesi soggiogati dal nazismo, e da questa osservazione dedurre una prova che l’Italia, non si sentisse soggiogata come gli altri paesi.
Ma non è così. Prima di tutto bisogna considerare che l’Italia non ebbe come la Francia, il Belgio, l’Olanda e gli altri ancora, una lunga e totale soggiogazione. L’Italia fu il primo paese liberato. Il Mezzogiorno fu liberato nel 1943, l’Italia Centrale nell’estate del 1944 e solo il Settentrione fu liberato nell’ultima battaglia.
Gli scrittori italiani si trovarono in tal modo suddivisi in diverse situazioni e quelli che provarono più aspramente il giogo furono gli scrittori del Settentrione. I nomi furono parecchi: Sibilla Aleramo, Umberto Saba, Sergio Solmi, Salvatore Quasimodo, Alfonso Gatto, per la poesia, Edgardo Sogno, Enrico Emanueli, Guido Piovene, Elio Vittorini. Giacomo Debenedetti per la prosa. Le opere non furono molte e la ragione principale bisogna ricercarla nella situazione non unitaria che ha frazionato lo stato di soggiogazione in Italia.
Ma se vogliamo considerare la letteratura della Resistenza sotto un altro punto di vista, cioè di resistenza degli intellettuali non solo alla nuda e cruda soggiogazione nazista, ma a quella fascista, allora è tutto un’altra cosa. Allora si può scoprire che in Italia la letteratura della Resistenza incominciò prima che in ogni altro paese ed ebbe un maggiore numero di opere.

Il fascismo voleva una letteratura controllata e sottomessa, alcuni scrittori dovettero rifugiarsi all’estero, come G.A. Borgese, che in America proseguì le sue pubblicazioni contro il fascismo, Don Sturzo e Guglielmo Ferrero pure; Ignazio Silone scrisse i suoi romanzi all’estero e Antonio Aniante, il suo: “Un Cesare di carnevale”. Quelli rimasti in Italia si videro volta per volta o sequestrate le loro opere o storpiate dalla censura o dileggiati come Benedetto Croce, o mandati al confino come Carlo Levi, l’autore di “Cristo si è fermato a Eboli”, o incarcerati come Ezio Taddei che pubblicò sulla «Fiera Letteraria» quelle semplici ma toccanti pagine di “Un uomo in prigione”.

Si sa quale era la situazione della stampa sotto il fascismo; effettivamente una legge fascista che imponesse la censura sulle pubblicazioni non fu mai fatta, esistevano le vecchie disposizioni del tempo prima del fascismo che riguardavano, come in tutti i paesi la moralità della stampa, ma se si pubblicava un libro che poteva adombrare i dominanti, questo libro veniva sequestrato d’ordine del Ministero della Cultura Popolare. Gli editori per non incorrere nel danno di un sequestro a libro pubblicato, cominciarono a mandare a questo Ministero le opere in bozze creando così un sistema di censura preventiva senza che vi fosse una legge che la decretasse. In tale modo si poteva dire che sotto il fascismo di diritto non esisteva un controllo sulla stampa diverso da quello dai tempi democratici.
Si ebbero casi curiosi che dimostrarono come l’ufficio incaricato di quel Ministero non brillasse di acume investigativo; fu così che solo dopo la pubblicazione del romanzo di Alberto MoraviaLa mascherata”, si accorsero che era una rappresentazione ironica del fascismo sotto altri climi e che il libro dello scrivente: “Agenti segreti veneziani del 700″, conteneva una documentazione settecentesca su un certo Moisè Mussolin, ebreo che in Venezia suscitava tafferugli discutendo in favore dei Prussiani, mentre si scatenava in Europa la guerra dei sette anni, ed eravamo già nel pieno di questa guerra ultima (NdR: rif, “Moisé Mussolin ebreo” di Emanuela Rotta Gentile).

E ancora bisogna ricordare come un caso intelligente di doppio giuoco la rivista “L’Italiano“, che portava il sottotitolo di rivista della rivoluzione fascista, ma se si leggeva a fondo vi si poteva scoprire dentro, tutta una serie di punti di spillo contro il fascismo ufficiale e corrente, inoltre questa rivista fino a quando poté si manifestò contro il nazismo, pubblicando una comica fotografia di Hitler in abito da sera che passa in rivista un reparto militare e beffando tutte le leggi razziali. E poté quasi fino agli ultimi numeri, nella scarsità di intelligenza nelle alte sfere, proseguire la sua resistenza contro il fascismo mettendo in luce tutta quella parte sana del popolo italiano che era sempre rimasta immune dalla contaminazione.

In quanto alla letteratura della Resistenza, sul tipo di quella che è apparsa in tanti paesi di Europa, c’è da fare un’altra considerazione per l’Italia: gli scrittori italiani difficilmente riescono ad essere attuali.
L’attualità essi la manifestano nel giornalismo, mentre scrivere un libro attuale riesce per loro quasi impossibile. Sembra occorra per loro che il tempo abbia inquadrato l’argomento.

Lo si è visto anche per la prima guerra mondiale, mentre Francia, Germania e Russia avevano i loro libri di guerra quasi contemporaneamente ad essa, in Italia sorse una letteratura di guerra solo a parecchi anni di distanza. Sembra che gli scrittori italiani abbiano necessità di un maggiore controllo del fatto nel tempo per trattarlo letterariamente. Può darsi quindi che una letteratura in opposizione al fascismo e alla dominazione tedesca in Italia sorga da qui a qualche tempo, non potrà naturalmente chiamarsi della Resistenza, avendo perduto lo scopo motore, che negli altri paesi diede forza a lottare e a resistere contro l’invasore, ma non sarà di minore efficacia, funzionando come monito per evitare il ripetersi di quella triste situazione.
Già si avvertono sintomi di questa letteratura col romanzo di Guido Piovene apparso di recente: “Pietà contro pietà”, che ha come ambiente Roma durante l’occupazione, ma vi sono altri che hanno da dire la loro parola. forse nuovi scrittori, forse combattenti nelle formazioni partigiane, forse prigionieri o internati, forse altri che non sono stati né l’una cosa o l’altra.
Giovanni Comisso

da Il Giornale del 29/09/46

Immagine in evidenza: dalla copertina del libro di Beppe Fenoglio “Il partigiano Johnny” (Einaudi)

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