Giovanni Comisso e Léon Kochnitzky. Da Goncharov a Proust

Giovanni Comisso e Léon Kochnitzky. Da Goncharov a Proust

Nel maggio del 1957 Giovanni Comisso ricorda nel suo diario di aver “ritrovato Leone Kochnitzky dopo trent’anni, vi era anche Furst e il giovane Parise. Nel ricordare i tempi passati a Fiume, davanti a quest’ultimo, a un certo momento, ci siamo accorti che era come se al tempo dei nostri vent’anni qualcuno ci avesse parlato della presa di Roma. Ci prese il terrore. Eppure non eravamo convinti di essere invecchiati”. 1

I rapporti di Comisso con il letterato di origine belga risalivano, infatti, agli anni dell’impresa di Fiume. A Fiume il giovane Léon Kochnitzky aveva seguito Gabriele D’Annunzio inizialmente come corrispondente del periodico “Indépendance Belge”, e poi, conquistato dalla “nobile causa” per la quale si stava combattendo, ebbe l’incarico di Capo dell’Ufficio Relazioni Esteriori, affiancato dall’americano Henry Furst e da Ludovico Toeplitz de Grand Ry. Del gruppo facevano parte anche il giovane Giovanni Comisso e Guido Keller.

Henry Furst – da “Il meglio di Henry Furst”, Longanesi

Nell’ambito dell’Ufficio Relazioni Esterne Kochnitzky aveva sviluppato il progetto della Lega di Fiume, che avrebbe dovuto rappresentare l’anti-Società delle Nazioni. Completata la stampa del “livre violet” (in quattro lingue), che conteneva gli atti e comunicati dell’Ufficio Relazioni Esteriori, e preso atto che il Comandante intendeva moderare la spinta rivoluzionaria dell’impresa, alla fine di luglio del 1920 Kochnitzky abbandonò Fiume.
L’esperienza fiumana divenne immediatamente il tema centrale del volume Le bal des ardents, pubblicato in lingua italiana nel 1922 per i tipi di Zanichelli con la traduzione dell’amico Alberto Luchini: La quinta stagione o i Centauri di Fiume.

D’Annunzio (al centro con il bastone) con alcuni legionari a Fiume nel 1919 (Wikimedia Commons)

Kochnitzky 2 come racconta lo stesso Comisso, era uno dei due stranieri, “poeti e politici, che attratti dal gesto poetico e politico di D’Annunzio si erano arruolati volontari tra le nostre file: uno, Enrico Furst, degli Stati Uniti d’America, l’altro, Leone Kochnitsky, belga. A costoro il Comandante aveva affidato dapprima lo spoglio della stampa estera e alcuni incarichi di propaganda. Poi il loro compito fattosi più importante per la risonanza che aveva ottenuto nel mondo l’azione dannunziana, ebbero un ufficio politico che il comandante denominò Ufficio delle Relazioni Esterne […] Ma se perfettamente conoscevano tra le varie lingue anche l’italiano, sovente avveniva che il Comandante mandasse indietro i loro rapporti sottolineando ed emarginando che non gli piaceva il doppio genitivo o l’uso di una parola invece che un’altra. Così Kochnitsky, che era il capo dell’ufficio, volle che li aiutassi a rivedere i loro rapporti scritti in lingua italiana. Simpaticissimi, stranissimi, i miei superiori divennero miei amici come di vecchia data; e Kochnitzky mi chiamava: l’anima più lirica di Fiume”. 3

Ivan Gontcharov par Ivan Kramskoï (Wikimedia Commons)

Subito dopo questo incontro romano i rapporti tra i due si riattivarono. Ne sono una pur minima testimonianza le poche lettere di Kochnitzky qui pubblicate, che mostrano un legame di amicizia rimasto forte, e che ora coinvolge anche le reciproche produzioni letterarie. Il tentativo di pubblicazione di un singolare saggio di Kochnitzky relativo ad una poco conosciuta fase della vita dello scrittore russo Goncharov, di cui par di capire che Comisso si fosse fatto intermediario presso la Longanesi, rimase comunque senza esito, e a quanto pare il libro non fu mai pubblicato 4

Non si interruppe la corrispondenza, invece, nonostante non ne siano rimasti altri documenti diretti, oltre tre autografi e un frammento dattiloscritto a firma di Kochnitzy stesso, senza data, conservati tutti nell’Archivio Comisso 5. In realtà il frammento è un documento interessante: è il brano finale di una lettera di Kochnitzky a proposito di questioni proustiane. Successiva all’aprile del 1963, la lettera di cui il frammento fa parte è riportata integralmente in un articolo di Comisso pubblicato in terza pagina sul “Gazzettino” del 24 settembre: Alla ricerca d’un Marcel amico fedele di D’annunzio 6. La lettera che Kochnitzky gli aveva inviato era una risposta ad un precedente articolo comissiano apparso sempre nelle colonne del “Gazzettino” il 13 aprile dello stesso anno: Proust e D’Annunzio. Nell’articolo Comisso aveva ripresentato una questione che egli stesso aveva posto, per primo, fin dal 1926 (!) nel “Giornale del Veneto” il 5 di maggio: Un’alterazione di Proust?: chi era quel Marcel “écrivain français parfaitement inconnu […] chalereux pour d’Annunzio” citato in un brano di Proust poi non entrato nel testo definitivo a stampa della Recherche? 7 Non si trattava certo di Proust, sostiene Kochnitzky, ma di Marcel Boulenger, un letterato amico di D’Annunzio.

Marcel Proust in 1895 (Otto Wegener, Wikimedia Commons)

La vicenda (ma non è questa la sede per riprenderla integralmente) fu poi inquadrata e ben chiarita da vari studiosi e dai più recenti contributi editi sul tema dei rapporti tra Proust, Comisso e Venezia 8. Ma è Kochnitzky che attraverso le sue osservazioni e analisi, si mostra sorprendentemente un attentissimo e capace lettore di Proust. Un’altra passione che lo legava a Comisso.

Hotel Ludovisi
via Liguria, Roma
2 Giugno 1957
Carissimo Giovanni, è inutile dirti che scrivi bene: lo sai. Ti farà piacere, invece, sapere come [il] 9 tuo libro mi abbia divertito e a tratti commosso. Che l’immagine vivace che mi hai restituito di luoghi che conosco e dove le mie esperienze, forse, furono degne delle tue -Porto Said, Colombo- m’ispira fiducia nel tuo descrivere città da me ancora ignote, come Pechino o Tokyo. Ti ringrazio di avermi mandato [il] tuo libro 10.
Anch’io sono stato felice di rivederti e di trovarti assagi 11, rasserenato in qualche modo, e come dice il poeta di Louis “Plein d’usage et raison”. 12 Abbiamo fatto un bel viaggio attraverso questo nostro secolo di ferro rovente. Ed ecco, ci ritroviamo, non vecchi ma pacati sul morir del giorno (vedi, sto parlando come canta Paolo Tosti, sommo poeta dei salotti borghesi donde siamo fuggiti). E continuo di 13 non andare dai vari Cecchi e Bellonci; e di fermarmi di botto quando per le strade romane passa un venusto caneforo o qualche angelo di Masolino.
Ti abbraccio di cuore e spero di rivederti spesso e presto!
Leone

Albergo Ludovisi
via Liguria, Roma
9 giugno 1957
Carissimo Giovanni,
grazie della gentile cartolina et 14 grazie a Ciro 15 per la promessa dei XXIV Rondeaux 16. Ho conosciuto il signor Monti 17 con Enrico. Mi ha parlato con simpatia del mio libro (manoscritto inglese) sul viaggio di Gonciaroff, 18 ma non si è venuti all’argomento delle condizioni. E’ a te piuttosto che non al carissimo Enrico, che voglio fare affidamento per spiegare al signor Monti
che sono troppo vecchio ormai per poter aspettare dei diritti d’autore
che intendo vendere a forfait il diritto di traduzione del libro in lingua italiana
che non posso accettare meno della somma che tu stesso avevi menzionata lire 300.000
Dopo averti parlato questo linguaggio d’affarista, mi rimane una riga per abbracciarti, e tutt’una mattina domenicale romana, per pensare che sarebbe delizioso rivederci più a lungo, e rivivere insieme a te ore di grazia e lontani meriggi.
tuo Leone

Hotel Ludovisi
via Liguria, Roma
martedì 15 ottobre [senza anno, ma 1957]
mio caro Giovanni,
da tanto tempo speravo ricevere tue notizie. Non sei stato alla casa del Circeo? Quando verrai a Roma? Ho viaggiato per l’Italia (Lazio Toscana Emilia) con un amico americano in una 600 noleggiata: è stato un incanto. Speravo incontrarti forse a Milano, ove rimasi una decina di giorni: ho dovuto accontentarmi di leggere il tuo nome sulle mura del Bagutta 19 mentre mangiavo solitario! sono stato dall’editore Monti: gli ho consegnato il manoscritto inglese (completo e riveduto) del libro sul viaggio di Gonciarov e i primi contatti tra Russia e Giappone. Monti sembrava esitante, interessato sì dall’argomento, ma quasi spaventato all’idea di dover sborsare un “forfait” (gli ho chiesto la somma menzionata da te e senza -si capisce- dirgli che me l’avevi suggerita: lire 300.000). Gli ho anche presentato un mio piccolo saggio storico umoristico (in inglese) sull’origine del “Saxophone” 20. Forse sarebbe bene e utilissimo che tu (se l’occasione si presenta) gli parli di me. L’accordo dei tempi non è corretto in questa fase. Me ne rendo conto ma non ho tempo – né voglia- di cercare una più giusta cadenza logica! Mi sto preparando ad andare in Portogallo (per due o tre settimane): scopo del viaggio tre conferenze o meglio tre volte la medesima conferenza a Lisbona, Coimbra e Porto. Penso di partire subito dopo Ognissanti. Dammi tue notizie, fatti vivo.
Affettuosamente tuo
Leone

s.d. (ma dopo il 12 aprile 1963) 21
Hai scritto un eccellente articolo su Proust e D’Annunzio e l’ho letto con molto piacere. Hai fatto bene a ripubblicare la prosa inedita tratta da Albertine disparue e poi soppressa da successivi editori. Credo però che il Marcel nominato nella conversazione tra Norpois e Mme de Villeparisis non sia Proust. Egli, è vero, parla di se stesso come di Marcel, ma qui non credo sia il caso. Come sai di certo, Norpois è uno dei personaggi che lo scrittore più disprezza e deride. Esso rappresenta il diplomatico perfettamente ben educato, ma altrettanto idiota, egoista, contento di se stesso e preoccupato unicamente di brillare e di fare figura di gran signore à peu de frais. In materia di politica internazionale usa formule stereotipate, una delle più famose: “Le chemin de St. Pétersbourg à Berlin passe pas le Ballplatz”. Più tardi, nel Temps rétrouvé, a Norpois, personaggio puramente immaginario, succederà in qualità di tete de turc il famoso critico militare Polybe (Joseph Reinach) di cui l’autore non smetterà mai di mettere in evidenza lo spirito falso e ipocrita, la scienza imbecille e il mediocre stile francese. Tutto questo era necessario per ricordare che, quando Norpois parla in tono laudativo di un individuo, vuol dire che Proust invece tiene tale individuo per un opportunista oppure per un cretino. Ribot e Jonart sono esempi tipici, malgrado il prestigio intellettuale del primo, delle qualità d’amministratore attribuite all’altro. E nemmeno Briand gode la simpatia di Proust. Ora chi sarebbe lo scrittore francese perfettamente ignoto, che pieno di calore per D’Annunzio, paragona l’esilio volontario che quegli ha passato in Francia a quello di Dante? A mio parere si tratta quasi certamente di Marcel Boulenger, l’amico più fedele e divoto che D’Annunzio abbia avuto tra i letterati francesi di grido (anche fosse uno sconosciuto per Norpois). I fratelli Boulenger, Marcel e Jacques, hanno per molti anni fatto figura di veri e propri ambasciatori di Gabriele D’Annunzio in Francia. Basta per convincersene aprire l’opera bellissima che Guy Tosi ha consacrato ai mesi scorsi dal poeta in Francia al principio della guerra e prima del ritorno definitivo in Italia. Marcel Boulenger, scrittore garbato se non molto profondo, aveva in comune con Gabriele D’Annunzio un’indole sportiva e cavalleresca, un’eleganza ricercata, uno snobismo di classe dirigente, assai differente dall’ammirazione passionata di Proust per il carattere, le maniere e il comportamento dell’antica aristocrazia francese. Tra cavalli, levrieri e mondanità d’ogni specie, il Boulenger bazzicava nei circoli dell’alta borghesia ed incontrava gli stessi politicanti, professionisti, diplomatici, scrittori ed artisti che frequentavano il salone della signora Verdurin di cui le pretese intellettuali ed estetiche celavano male il desiderio di brillare, la vanità e l’orgoglio. Ora Gabriele D’Annunzio durante gli anni d’esilio, non smise mai di farsi vedere fra le brillanti coorti del clan Verdurin. Tutti questi farisei, accademici, ministri o militari, li troveremo nel libro di Tosi, senza che sia dimenticato nemmeno il famigerato Polybe. E’ questo, probabilmente, che Proust ammiratore sincero di D’Annunzio, poteva più difficilmente perdonare al poeta. Per ben marcare la sua disapprovazione, Proust fa raccontare da Norpois la scena svoltasi nel gabinetto del ministro italiano, quando un altro “Marcel” (che non è certamente Proust e che probabilmente è il Boulenger), si mette a sgranare evocazioni balorde di Dante e Virgilio in laude di Gabriele D’Annunzio. Tale esplosione di volgarità non potrebbe se non dispiacere assai al Comandante di Fiume. E Proust, ospite ed amico dei Guermantes, ne risente la profonda cafoneria.
Ora rimane da accertare la ragione della soppressione del passo riguardante D’Annunzio dall’edizione fatta preso la Nouvelle Revue Française nel 1925. A mio parere, non si può trattare da parte di coloro che hanno curato l’edizione, che di una specie di delicatezza verso Marcel Boulenger, letterato e choniquer di grande fama: non volevano fargli fare brutta figura, riproducendo, sotto la responsabilità di Marcel Proust, encomi volgari e di dubbio gusto. Ma potrebbe darsi anche che lo stesso Proust, correggendo i propri manoscritti prima di morire, abbia voluto eliminare questa scena, per evitare che il lettore, familiarizzato con il suo metodo psicologico, possa trarne delle conclusioni poco favorevoli o addirittura offendenti per il grande poeta.
Caro Giovanni, spero vederti quest’autunno in Italia. Ti abbraccio tuo Leone Kochnitzky

Immagine in evidenza: Gabriele D’Annunzio e Léon Kochnitzky (fonte reakt.aksioma.org)

  1. Giovanni Comisso, Diario 1951-1964, a cura di Nico Naldini, con un ricordo di Goffredo Parise, Milano, Longanesi, 1969, p.117-118.
  2. Su di lui (1892-1965) Robert Van Nuffel, Léon Kochnitzky. Umanista belga italiano d’adozione 1892-1965, Roma, Institut Historique Belge de Rome, 1995 e Sergio Ercini, Il poeta la morte e il giovane, Arrone (Tr), edizioni Thyrus, 2006. Su Furst (1893-1967) Per Orsola Nemi e Henry Furst. Saggi e testimonianze, a cura di Paola Polito e Antonio Zollino, Lugano, Agorà & co., 2021.
  3. Giovanni Comisso, Le mie stagioni, in Giovanni Comisso, Opere, a cura di Rolando Damiani e Nico Naldini, Milano, Mondadori, 2002, pp.1141-42 e Léon Kochnitzky, La Quinta Stagione o i Centauri di Fiume (Bologna 1922), nella più recente edizione col titolo La stagione delle fiamme danzanti. Un diario di Fiume, Milano, Aga editrice, 2013 (da cui si cita), p.128: “Giovanin Comisso, l’anima più lirica che fosse a Fiume, pellegrino appassionato, ebbro di poesia”. La particolarità dell’utilizzo del diminutivo del nome di Comisso (in “Giannetto”) risulta documentata anche nelle lettere di Furst e di Keller.
  4. si veda la lettera 2 e note relative.
  5. Le lettere sono conservate nell’Archivio Comisso della Biblioteca Comunale “Comisso “ di Treviso, s. III/2, b. 6, fasc. 25.
  6. Giovanni Comisso, Alla ricerca d’un Marcel amico fedele di D’Annunzio, “Il Gazzettino”, 29 settembre 1963. Con il titolo “Il giudizio di Proust su D’Annunzio”, lo stesso testo compare su “Il Giornale d’Italia” del 5 ottobre 1963.
  7. Il testo “incriminato” era stato in precedenza pubblicato in Francia su “Le Marin” e subito dopo su “Feuillets d’Art” nel dicembre 1919; la traduzione italiana di Giuseppe Sprovieri in “Il Mondo”, apparsa nel numero del 2 settembre 1924, sollecitò subito l’interesse di Comisso.
  8. Giorgio Mirandola, D’Annunzio e Proust, “Lettere italiane”, vol. 20, n.4 (ottobre – dicembre) 1968, pp.479-479, con riferimento anche ai precedenti contributi di Enrico Falqui ed ad altra bibliografia; Mirandola non conosce però il primo articolo di Comisso, che è del 1926. Più recenti: Marcel Proust, Soggiorno a Venezia. D’Annunzio nella Recherche. Un inedito, a cura di Giovanni e Giuseppe Balducci, Luni ed., 2022. Devo un ringraziamento a Giacomo Carlesso per alcune preziose indicazioni.
  9. nel manoscritto originale, per un evidente lapsus dal francese, l’articolo è omesso.
  10. si riferisce alla riedizione di Amori d’Oriente, pubblicato nel 1957 da Longanesi (la prima edizione era del 1949, nella collana “La gaja scienza”).
  11. cioè “raddolcito”.
  12. Citazione da Joachim du Bellay, Regrets (1558), sonetto 31. Sottolineatura nel testo.
  13. sic nel manoscritto, anche qui con evidente lapsus dal francese.
  14. sic nell’originale.
  15. A lato: “ma chi è Ciro? Salutamelo amichevolmente”. Ciro è, con ogni evidenza, Ciro Cristofoletti, libraio, pittore e scrittore su cui v. Ciro Cristofoletti l’umanista irriverente, in Anna Modena, L’intelligenza segreta. Comisso tra amici, librai e poeti, Macerata, Biblohaus, 2012, pp.123-148.
  16. Léon Kochnitzky, Vingt-quatre rondeaux / pour faire danser les grandes personnes, paroles apprivoisées par Léon Kochnitzky, Milan, Facchi éditeur, 1921. Probabilmente Ciro Cristofoletti, da libraio, poteva recuperarne un esemplare. Sul libro, decisamente influenzato dalle innovazioni del Futurismo v. Van Nuffel, Léon Kochnitzky. cit., pp.64-66.
  17. Si tratta probabilmente di Mario Monti (1925-1999), dal 1956 direttore della casa editrice Longanesi.
  18. Nel saggio Kochnitzky riprende e ricostruisce le vicende del viaggio che lo scrittore Ivan Alexandrovic Goncharov (1812-1891) intraprese accompagnando la spedizione russa in Giappone negli anni precedenti la guerra di Crimea, narrate in La fregata Pallade (1858). Secondo Van Nuffel, Léon Kochnitzky. cit., p.152, il testo col titolo Russi in Giappone (che è un libro che non fu mai pubblicato) sarebbe stato realizzato direttamente in italiano, e il relativo dattiloscritto, datato 1961, sarebbe stato inviato il 5 settembre 1962 a “un professore d’italiano”. Dalla lettera a Comisso si evince invece una elaborazione precedente, e in lingua inglese.
  19. Giovanni Comisso aveva vinto il premio Bagutta nel 1928, con Gente di mare. Alle pareti della trattoria di via Bagutta, sede del premio (dal 1926) sono evidenziati i nomi dei vincitori.
  20. Léon Kochnitzky, Adolphe Sax and his saxophone, New York, Belgian Government Information Center, 1949. Su questo v. Van Nuffel, Léon Kochnitzky, cit., pp.124-125
  21. Il testo in tondo è tratto dall’articolo di Comisso apparso sul “Gazzettino” del 24.9.1963. Il testo in corsivo (in parte coincidente con quello dell’articolo) è tratto dal frammento conservato nell’Archivio Comisso; in calce : “Per Giovanni Comisso / Santa Maria del Rovere / (Treviso)”.
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