A cura di Paola Polito ed Antonio Zollino esce un’interessante raccolta di saggi dedicati al ricordo di due protagonisti, ora pressoché dimenticati, della storia della cultura italiana del Novecento: Orsola Nemi (1903-1985) ed Henry Furst (1893-1967). I due erano legati da un lungo sodalizio, non solo di carattere letterario, ed avevano trascorso gli ultimi anni della vita a La Spezia. La loro storia attraversa ed incrocia riviste, case editrici, scrittori e poeti, da D’Annunzio a Montale, a Soldati, a Pound, a Comisso.
Orsola Nemi (pseudonimo di Flora Vezzani), prolifica scrittrice di romanzi e saggi, collaboratrice di quotidiani e riviste e, soprattutto, traduttrice fra gli altri di Baudelaire, Flaubert, Saint Simon, era entrata in rapporto con Furst dal 1939. A lui rimase legata fino alla fine. Nel volume, Emanuela Rotta Gentile Caviglioli e David Virgilio ricordano la presenza di Orsola e Enrico nelle case spezzine, con l’affetto che entrambi avevano per i giardini e i gatti di casa, mentre da Paola Ponti, Francesca Nassa, Luisa Ricaldone, Paola Polito vengono approfonditi con grande attenzione singoli aspetti e singole opere della produzione di Orsola Nemi.
Giovanni Comisso che era rimasto sempre in contatto sia con Orsola che con Enrico scriveva in una lettera a Orsola Nemi del 14 agosto del 1945: “Credo di essere il più vecchio amico di Enrico” (Giovanni Comisso, Vita nel tempo, Lettere 1905-1968, a cura di Nico Naldini, Longanesi 1989, p.216). Lui con entrambi intrattenne un carteggio assai fitto, che sarebbe davvero importante recuperare e pubblicare, e che potrebbe portare luce ulteriore ai rapporti che tutti loro avevano con l’intero mondo dell’editoria del tempo, attraverso le due guerre mondiali e nel primo dopoguerra.
Il “buon poeta americano” Henry Furst, spirito inquieto, dopo aver studiato negli Stati Uniti, a Yale, quindi in Inghilterra, a Oxford, e a Roma, dal 1916 al 1918 era stato segretario di Edward Gordon Craig (il teorico del “nuovo” teatro), a Firenze. Nel settembre del 1919, il giorno dopo l’arrivo di D’Annunzio con i legionari a Fiume, Furst telegrafava al Comandante offrendosi di “accettare servizio anche umilissimo incarico”. E D’Annunzio gli affidò da subito il compito di coordinare l’ufficio relazioni pubbliche della Reggenza del Carnaro, insieme con Léon Kochnitzky, supportato anche dal giovane tenente Giovanni Comisso (che masticava l’italiano molto meglio dei due collaboratori). Non facile la convivenza con il Vate, anche dopo le vicende fiumane.
Terminata l’avventura fiumana Furst si laurea a Padova nel 21 e si trasferisce a Roma, e alla fine del decennio lo ritroviamo a New York, impiegato alla biblioteca della Columbia University diretta da Giuseppe Prezzolini, e contemporaneamente docente di lingua italiana al Vassar College negli ultimi mesi del 1929. Maria Rosa Giacon (At Fiume & beyond. Avventure dannunziane del “buon poeta americano” Henry Furst (pp.17-55) ricostruisce con precisa ed abbondante documentazione (in parte recuperata nell’archivio del Vittoriale) le vicende legate all’impresa di Fiume, mentre Gorge Talbot (“E coloro che furono visti danzare vennero giudicati pazzi da quelli che non potevano sentire la musica”. La carriera breve di Henry Furst a Vassar College. Autunno-inverno 1929) riesce a riproporci quella che fu una delle fasi meno note, ma non meno ricca di spunti ed approfondimenti (come il diario delle lezioni proposte, decisamente innovative), della storia di Henry Furst.
Non meno ricca nemmeno di “follie”, analoghe a quelle vissute a Fiume: la fine dell’esperienza al Vassar coincide con un trasferimento alla biblioteca della “casa italiana”, dove incontrerà il futuro amico Mario Soldati che lo ricordava ne L’ultimo Donchisciotte, a tarda notte a danzare sulla musica di Mozart tra gli scaffali della biblioteca newyorkese, davanti a un Prezzolini attonito. Rientrò in Italia, e fu a lungo corrispondente letterario per l’Italia del «New York Times»; nel 46 fu tra coloro che aiutò l’amico Leo Longanesi a fondare la omonima casa editrice.
Vinicio Pacca propone un approfondimento relativo alle relazioni tra Furst e Montale, Matteo Brera affronta uno dei testi più singolari della produzione di Furst: Le donne americane tra modernità e decadenza, e Paolo Senna ricostruisce le varie fasi (spesso assai delicate per le scelte non sempre condivise tra i due principali curatori dell’opera, Soldati e la Nemi) della realizzazione de Il meglio di Enrico. Sull’elaborazione del volume Il meglio di Henry Furst. Ad Antonio Zollino spetta, in chiusura, il compito di analizzare con grande sensibilità il singolare volume di versi inglesi di Furst, I songs of Tokimarne, pubblicato in soli cento esemplari nel 1937.
Chiudono il volume, assai opportunamente, le ampie bibliografie di Nemi e Furst (pp.233-252) e un accurato indice dei nomi.
Agostino Contò
Per Orsola Nemi ed Henry Furst. Saggi e testimonianze,
a cura di Paola Polito e Antonio Zollino,
Agorà & co. Sarzana-Lugano, 2021