Emigranti (Parte 1 di 2: Viaggio di andata) | Emigranti (Parte 2 di 2: Viaggio di ritorno)
Si riparte dalla Gare de Lyon. I saluti si incrociano mezzi in italiano e mezzi in francese.
Uno entra con una grossa valigia e domanda se la piazza è libera. È un operaio veneto dai capelli bianchi, ma aitante nella persona. Chiacchierone, ostenta di parlare con tutti in italiano come fosse già a casa sua. Attacca discorso con uno che va in Egitto e vanta di conoscere questo paese, perché durante la guerra di Libia è stato a Tobruk.
Parla come ebbro, racconta di una casa fatta da lui e di una lite col padrone francese che non aveva modo di pagargli il lavoro. Ma placatosi nel sonno, al mattino dopo, attraversando la Savoia, è riescito a dire cose sensate.
A San Giovanni di Moriana salirono alcuni capimastri piemontesi che si diedero a discorrere. Questa gente, come i contadini che quando viaggiano in treno si tengono fissi ad osservare i campi che scorrono davanti ai loro occhi, commentando le culture e le vegetazioni, ad ogni fabbrica dava informazioni circa il lavoro e le paghe. «Questa è stata chiusa». «Qui lavorano ancora ma da quattrocento operai sono stati ridotti a cinquanta». «Là dentro sulla montagna si fa un grande barraggio di trentacinque metri di spessore e c’è ricerca di uomini, pagano bene». «Anche questa fabbrica è stata chiusa: pareva che la crisi non dovesse venire in Francia, è stata l’ultima a cedere, ma adesso anche qui c’è poco da scherzare; e se ancora tengono degli operai, preferiscono tenere degli algerini».
Allora l’operaio chiacchierone intervenne con la sua osservazione sensata: «Bel guadagno che crede di fare la Francia a tenersi questa gente! Io li conosco questi algerini, ah loro per vivere basta solo un pezzo di pane secco. Bel guadagno che danno al paese! Bella ricchezza che portano: essi non sono come noi a cui piace mangiare e bere. Miseria portano, staranno freschi».
Il treno andava lento come per lasciare che loro osservassero e parlassero delle usine e del barraggio di cui si potevano già vedere i primi lavori. «Queste montagne, poi, danno tutte ottima pietra da copertura, ci sono di quelli che si sono fatti ricchi».
E l’operaio chiacchierone facendosi avido nell’osservare, fino a schiacciare il naso contro al vetro, si promise a voce alta di ritornare da queste parti a primavera.
Giovanni Comisso
da La Gazzetta del Popolo del 28/11/1932
Immagine in evidenza: Gare de Lyon (foto di Jeanne Menjoulet, Wikimedia Commons)