È sempre molto interessante seguire gli esordi di una nuova voce della narrativa che si affaccia per la prima volta nel variegato mondo delle lettere. Una delle voci più interessanti che sono comparse sugli scaffali delle librerie nel corso del 2022 è quella di Andrea De Spirt, un classe ’89 nato a Venezia che attualmente si è stabilito a Milano.
Il suo romanzo d’esordio, se così possiamo chiamarlo – ma a questo ci arriveremo dopo – è stato pubblicato dalla casa editrice Il Saggiatore di Milano con il titolo di “Ogni creatura è un’isola”.
Il Saggiatore è da sempre impegnato nella pubblicazione di opere che mostrano un tratto di novità, scritture fuori dal coro e credo che già il fatto che De Spirt sia stato pubblicato da questo editore sia di per sé un’investitura.
La storia raccontata in “Ogni creatura è un’isola” è quella di un uomo che ha perso una persona cara: il fratello. L’uomo decide di andare a passare alcuni giorni nell’isola in cui il fratello ha passato gli ultimi istanti della sua vita prima di, si suppone, uccidersi. Con sé l’uomo porta un libro incompleto, qualcosa a cui il fratello stava lavorando da anni e che non lo abbandonava mai. L’uomo raggiunge l’isola, si stabilisce in un piccolo appartamento e poi inizia a chiedere in giro informazioni sul fratello per scoprire a poco a poco che le tracce lasciate dal suo passaggio sono esigue se non nulle. L’unica a dare qualche informazione utile è J. Accanto alla storia del presente, di tanto in tanto se ne affaccia un’altra. Quella del padre dei due fratelli che, incredibilmente sopravvissuto a un fulmine, muore poco dopo in un pozzo. È forse quello il primo evento in grado di portare una scintilla di follia all’interno della loro famiglia. Nessuno di loro sembra completamente stabile, anche la madre che lascia al figlio dei messaggi deliranti porta dentro di sé il seme di un’inconsistenza, sembra essersi avvicinata a un’idea di benessere mentale a tutti i costi che non è realizzabile.
La forma utilizzata da Andrea De Spirt per dare sostanza a questa storia è ibrida. Si tratta di un qualcosa che assomiglia molto a un diario di viaggio in cui il protagonista raccoglie i pensieri che lo tormentano. Il testo procede per elementi numerati. Non solo pensieri che riguardano la sparizione del fratello, ma anche quelli che lo riguardano più da vicino. Ci sono spezzoni di dialogo avuti con la psicologa che lo segue, ci sono frammenti del passato, briciole del presente che riportano gli scambi che il protagonista ha con J. e il tutto raggiunge una forma che sta in bilico tra il monologo e il dialogo con l’assenza del fratello.
“Ogni creatura è un’isola” a volte procede per brevi pensieri che tormentano il protagonista, altre volte i paragrafi sono più ampi e si avvicinano alla classica forma del romanzo e poi ci sono delle frasi che hanno la potenza dell’aforisma e sulle quali il lettore è costretto a fermarsi per riflettere:
108. Chi ha detto che nascere è prima di tutto un abbandonarsi reciprocamente?
263. Se ti perdi nel deserto è perché la sete non ti serve abbastanza.
329. Per richiudere un vuoto mettici la cosa che lo ha aperto.
Ci sono poi alcune trovate linguistiche che in qualche modo aiutano a sottolineare il disagio interiore del protagonista che sta, a tutti gli effetti, compiendo un viaggio per liberarsi da un peso.
4. Prima di partire la dottoressa mi ha detto di eliminare la parola paura dal dizionario. Dalle un altro nome, un nome carino.
“Tipo pinguino?” ho chiesto.
“Sì, tipo pinguino.”
Pinguino mi sembra un’ottima parola, sono animali carini.
Infine ci sono alcuni degli elementi grafici utilizzati fuori contesto per modificare l’esperienza di lettura, come la freccia per dare l’idea di velocità o le righe di testo che diventano progressivamente bianche fino a sfumare nel nulla.
Quella di De Spirt è indubbiamente un’opera prima di grande interesse che lascia presagire tutte le buone cose che questo autore potrà scrivere in futuro. Le sperimentazioni che ha utilizzato in “Ogni creatura è un’isola” non sono mai fini a sé stesse e anzi sono la testimonianza di un ragionamento che l’autore ha fatto sul proprio testo. Questa formula però sembra molto legata alla storia che De Spirt ha scelto di raccontare – una storia che si fa forza non solo dei pieni, ma anche e soprattutto dei vuoti, dell’assenza come forza opprimenti – per cui non ci resta che aspettare il prossimo lavoro di questo autore per capire come vorrà declinare il proprio talento.
Gianluigi Bodi
L’intervista
[Gianluigi Bodi] Prima di tutto ti faccio una domanda sulla forma. Come sei arrivato a scegliere questo tipo di montaggio per raccontare la storia di un’assenza?
[Andrea De Spirt]: Se devo essere sincero è stato un processo piuttosto caotico e casuale: stavo scrivendo un romanzo molto più lungo che da anni non riuscivo a concludere. Continuavo ad accumulare pagine su pagine, ma la storia non trovava una fine. Così, un giorno, decisi di lasciarlo andare e, non so per quale motivo, scrissi il primo frammento di “Ogni creatura è un’isola”. La forma è quindi venuta da sola, quasi dall’accumulo ossessivo e non dalla ricerca dell’essenziale. Credo che la forma in frammenti, in qualche modo, sia il tentativo dello scrittore di uscire dalla narrazione, il tentativo di non raccontare, di trovare il silenzio. Eppure, proprio come le bombe distruggono le città ma lasciano le macerie, il frammento è l’impossibilità dello scrittore di abbandonare una storia.
Quali sono i libri e gli scrittori nei quali ti sei rifugiato per trovare il modo di scrivere “Ogni creatura è un’isola”?
E’ una domanda che mi mette sempre un po’ in difficoltà e questa difficoltà credo sia dovuta al fatto che i libri che ho amato davvero tendo sempre a dimenticarli. Diventano per me come una freccia che ti trafigge, ovvero che ti ferisce e ti trapassa: rimane la cicatrice, e la cicatrice diventa parte di te. Ad ogni modo, facendo uno sforzo di memoria, in quel periodo leggevo molto Marguerite Duras (scrittrice straordinaria), Fleur Jaeggy (altrettanto straordinaria) e i Detective Selvaggi di Roberto Bolano.
Da una parte l’isola sembra quasi il luogo perfetto per raggiungere la fine della corsa, dall’altro invece il mare sembra non poterla contenere e tutto si risolve in un’apertura verso l’esterno e verso gli altri. Qual è il significato che tu dai all’isola?
L’isola, nell’immaginario comune, ha una doppia valenza: il luogo della solitudine o il luogo dove vengono nascosti i tesori. Ecco, io credo che questi due aspetti non siano separati, ma indissolubilmente legati. La solitudine, quella vera, racchiude dentro di sé un tesoro immenso che è il tesoro dell’abbandono. Del lasciarsi andare. Come quando Carmelo Bene diceva che la felicità non può essere felice perché non sa di esserlo, è felice e basta, lo stesso vale per la solitudine. Se tu scompari, se l’isola scompare, rimane solo il mare, senza più distinzioni.
Che senso dai al fatto che per lunghi tratti del libro sembra che il fratello non abbia lasciato segni del proprio passaggio sull’isola?
“Di ciò di cui non si può parlare si deve tacere”, diceva Wittgenstein, alludendo al fatto che esiste un mistero che il linguaggio non potrà mai raggiungere. Ecco, io credo che il fratello rappresenti quel mistero: la voglia di scoprirlo, di trovare spiegazioni e, allo stesso tempo, l’impossibilità di riuscirci.
“Ogni creatura è un’isola”
di Andrea De Spirt
Vincitore del premio Bagutta 2023 Opera prima
Editore: Il Saggiatore (3 febbraio 2022)
Lingua: Italiano
Copertina rigida: 192 pagine
ISBN-10: 8842829625
ISBN-13: 978-8842829621
Peso articolo: 340 g
Dimensioni: 21.6 x 1.6 x 14.6 cm
Andrea De Spirt nasce a Venezia nel 1989 dove vive fino all’età di diciannove anni. Si trasferisce poi a Milano per studiare Filosofia alla Statale e lavora per diversi anni nel mondo dell’innovazione digitale. Attualmente si dedica a tempo pieno alla scrittura. “Ogni creatura è un’isola”, edito da IlSaggiatore, è il suo romanzo d’esordio.