“Lingua madre” di Maddalena Fingerle
Alto Adige, Südtirol. Due nomi per indicare un luogo, ma anche lo stesso problema: il bilinguismo e l’appartenenza. Questa tematica è al centro di «Lingua madre», romanzo opera prima della scrittrice bolzanina Maddalena Fingerle, edito Italo Svevo Edizioni e vincitore della XXXIII edizione del Premio Italo Calvino. Il romanzo ruota attorno a Paolo Prescher, il cui nome anagrammato sarebbe «parole sporche». Egli è infatti ossessionato da quelle parole che non dicono ciò che dovrebbero comunicare, e tra Bolzano e Berlino intraprenderà un viaggio alla ricerca di una lingua incontaminata, ma allo stesso tempo di un’appartenenza, per meglio dire una “Heimat”, sentimento difficile da descrivere che indica la patria in senso territoriale e ideologico. Attraverso la sua mania linguistica, Paolo denuncia anche l’apparente armonia identitaria di Bolzano, una città che «ha paura di perdere radici, identità e cultura» e che per cancellare ogni dissidio identitario obbliga a scegliere la propria appartenenza linguistica. Con uno stile vorticoso, ossessivo e travolgente che tanto deve a Thomas Bernhard, Maddalena Fingerle scrive con «Lingua madre» un debutto straordinario che non solo tematizza il valore e il potere delle parole, ma anche l’insensatezza e l’ipocrisia di ogni tipo di retorica identitaria. «Mi chiede: Se potessi cambiare qualcosa del modo in cui sei stato cresciuto, cosa cambieresti? Cambierei le parole sporche, quelle che mi hanno detto, come me le hanno dette, quello che significavano».