Silvio Perrella presenterà “Io ho paura” (Neri Pozza) il 9 settembre a Salgareda. Vi offriamo un assaggio della sua meravigliosa scrittura…
A Punta Licosa si fa collezione di tramonti. Anche l’ultima nuotata della giornata è scandita dal ritmo del sole. Si va fino in fondo, ci si riposa sullo scoglio che ha la forma di una maschera atzeca e si torna indietro in tempo per assistere allo spettacolo della scomparsa progressiva della luce.
Laggiù c’è il braccio lungo della costiera amalfitana e Capri è poco più di un bitorzoluto tratto scuro. E nei giorni che il sole sparisce netto tra Punta della Campanella e Capri baluginano lontane Ischia e Procida.
Sono quelle piegature dello spazio che mai stanno ferme. E oggi il sole scende in quel punto e domani ha già cambiato posizione. E questo significa l’estate all’inizio o l’estate alla fine.
Punta Licosa è per me estate da qui a lì. In genere un mese. E significa riabilitazione dei sensi a contatto con un alfabeto primario. E significa amici. E soprattutto silenzio. E di notte buio pesto e cielo lampeggiante.
Quante stelle cadenti, verso la metà d’agosto striano la volta stellare! Sembra che si tuffino con bella incoscienza. Vedi le loro scie scrivere speranze nel cielo.
Te ne stai sulla sedia a sdraio, gli occhi all’insù, il cuore che palpita per l’emozione. E ti viene di comparare quelle virgole di luce a una vasta punteggiatura dove devi essere tu ad inserire le parole per comporre frasi compiute.
Per raggiungere Punta Licosa bisogna oltrepassare un cancello e da lì percorrere una lunga strada costeggiata da ulivi carrubi fichi eucalipti e pini. Di notte non è raro trovare famigliole di cinghiali che attraversano la strada. Prima i genitori, poi a seguire i figli in fila indiana.
A volte, invece, ti fermi ad osservare un porcospino che, abbagliato dai fari, si rinchiude a palla e spera di non essere messo sotto dai pneumatici. E può capitare che la volpe se ne stia ai margini della strada e un attimo dopo fugga via veloce facendo scomparire il suo pelo fulvo dietro a un ramo.
E quanti uccelli, se sei a piedi o in bicicletta, vedi alzarsi in volo tra i fichi che assumono la foggia di guerrieri e sembra che si siano messi in posa per passare direttamente sulla superficie di una pellicola e far parte di un film che racconti la storia di un esercito che si è perduto nella foresta.
Lungo la strada non ci sono quasi abitazioni, tranne alcune rovine che sembrano disegnate da Carlo Carrà o forse da Giorgio Morandi. Devono essere state una casa e un pagliaio e sono le uniche che sorgono dalla parte del mare, vicino a un baia che prende il nome di “Bella”. E dietro questo nome c’è una storia che riguarda una donna che qui viene solo sussurrata per poi passare ad altro.
E quando sei giunto finalmente al porticciolo, vedi che anche lì prevale l’essenzialità. Un castelletto ad angoli panciuti, una chiesetta rosso-rosa, uno spiazzo e soprattuto pietre. Quelle sopra le quali giacciono le poche imbarcazioni; e quelle che fungono da frangiflutti e, durante l’estate, sono abitate da un piccolo popolo di adoratori del sole e di nuotatori.
Si potrebbe dire che a Punta Licosa non succeda nulla. E che questo sia il suo bello. Credo sia così. Ma va aggiunto che in questo nulla si va avanti vibratile la vita con i suoi chiaroscuri: le amicizie, gli amori, le malattie, l’agguato della morte, le scoperte e soprattutto il sorriso innumerevole delle onde.
Il mare, sì, il mare: a Punta Licosa si torna perché lo si ama. Ed è un mare virgiliano, dove la vegetazione scende a lambire le acque salmastre e a volte ti pare che abbia il desiderio di’immergervisi.
E sott’acqua le posidonie si muovono come lunghe capigliature a seguire il voler dell’onda. E tanti sono i ricci che stazionano negli anfratti e a branchi le aguglie sembra che danzino e basta un movimento di mano ed è tutto un fuggifuggi.
Mare trasparente e non molto profondo, almeno sulle rotte dei nuotatori. Li vedi che, inforcati gli occhialini, raggiungono una meta comune, ognuno adottando il loro stile preferito.
La giornata sta per finire; ecco si prepara il tramonto. A Punta Licosa ci si dà appuntamento per vederlo insieme, seduti sulla scogliera. Da qui ti sembra che i subbugli del mondo siano lontani; ma ne avverti la eco, certo.
E mentre il sole tramonta, dalla parte opposta sta sorgendo la luna. E un nuotatore solitario fa le sue ultime bracciate. Quando si isserà su e si asciugerà e fisserà l’ultimo brandello di luce, gli verrà in mente che quella costiera laggiù è la stessa che vede da casa durante il resto dell’anno. Solo che ne vede la parte opposta, quella sorrentina.
Ed è proprio tra il Vesuvio e la costiera che di solito il sole sorge. Da qui la casa delle albe; di lì quella dei tramonti. In mezzo c’è lui che fa in tempo a cambiarsi il costume, tornare alla bicicletta saltellando da uno scoglio all’altro, e risalire il viale che lo porterà al patio e a un aperitivo da condividere con gli amici.
Un po’ prima che il buio dilaghi e si mangi ogni cosa.
Sì, Punta Licosa è la “mia” Salgareda.
Silvio Perrella
Silvio Perrella siciliano di nascita vive e lavora a Napoli. Dedica molta della sua attività di scrittore alla ricerca e allo studio della letteratura italiana del novecento, proponendo autori spesso poco noti in chiave saggistica e contemporanea: uno per tutti “Addii , fischi nel buio, cenni ” (Neri Pozza, editore). Con ” Doppio Scatto ” (Bompiani editore) si scopre fotografo, mescolando letteratura e fotografie di Napoli che saranno poi esposte in alcune capitali europee. La città di Napoli è ancora indagata nel saggio “Giùnapoli”, recentemente ripubblicato in una nuova edizione. Silvio Perrella Scrive regolarmente su “Il Mattino”, è promotore di festival letterari ed è spesso voce ospite di radio3. Questo in sintesi ! La grande amicizia con Raffaele La Capria e la passione per lo scrittore Goffredo Parise lo hanno portato ” Fino a Salgareda ” dove ha trovato una nuova casa.
E’ qui che lunedì 9 settembre alle ore 20,45, in via Gonfo 4 , presenterà il suo nuovo libro “Io ho paura” (Neri Pozza editore). Un racconto che affronta le paure della contemporaneità scritto in forma autobiografica in un posto isolato del cilento che lo stesso autore definisce “La mia Salgareda”. L’attrice Eleonora Bolla curerà alcune letture. L’incontro è in collaborazione con “Premio di poesia Mario Bernardi, ” Amici di Comisso” Comuni di Ponte di Piave e Salgareda, Comune di Oderzo.
Moreno Vidotto